Domenica prossima nel Palazzo della Provincia l’evento pubblico che ne ricorda la proclamazione
PESCARA – Domenica 8 febbraio 2015, alle ore 17.30 nel Palazzo della Provincia di Pescara, presso la Sala “La Figlia di Jorio”, promosso e voluto dal Presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, si terrà un altro appuntamento pubblico delle iniziative non a caso definite “La Provincia per…”. Dopo “La Provincia per la Memoria” (dedicata al 27 gennaio, giornata che ricorda la tragedia della Shoah), sarà la volta di “La Provincia per la Repubblica”, incontro destinato a ricordare un anniversario e a dibattere un tema che sono fondamentali per l’idea e la pratica della democrazia nel nostro paese. Intitolato “Alle origini della democrazia in Italia: la Repubblica Romana del 1849 e la sua Costituzione”, l’evento pubblico si soffermerà sull’anniversario della proclamazione (il 9 febbraio 1849) della Repubblica Romana. Ne dibatteranno il Presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco; Luciano D’Alfonso, Presidente della Regione Abruzzo; Pasquale Miniero, Presidente dell’Associazione Mazziniana Italiana, Sezione di Pescara; Loris Di Giovanni, responsabile provinciale Cultura UNPLI di Pescara; Enzo Fimiani, direttore della Biblioteca Provinciale di Pescara.
L’esperienza della Repubblica Romana e della carta costituzionale allora approvata durò pochi mesi, ma segnò uno dei più straordinari momenti politici e civili della storia contemporanea italiana prima della Costituzione repubblicana del 1947-48. Pur effimero nella durata, destinato a morire in culla per l’evidente carattere “pericoloso”, anticipatore di molte delle istanze più moderne della civiltà giuridica e istituzionale poi maturate assai più avanti nel tempo, l’esperimento anche costituzionale della Repubblica romana, con i suoi tentativi di trasportare tra le norme fondamentali alcuni dei principali ideali del mazzinianesimo più coerente, avrebbe comunque assunto il significato di esempio e modello per quanti, di lì in avanti, agognassero una più democratica via di sviluppo per l’Italia prima in via di unificazione e indipendenza, quindi unita dal 1861 in poi nel nuovo Regno di matrice sabauda. Pur essendo una scarna enunciazione di principi e intenti più che una Costituzione strutturata, la Carta del 1849 proponeva un consequenziale sistema basato sulla sovranità popolare e su avanzati modelli democratici di convivenza civile (con i suoi richiami per esempio all’eguaglianza, principio poi trasfuso nel futuro terzo articolo della nostra attuale Costituzione democratica e repubblicana). Per di più, essa intendeva promuovere un profondo mutamento di assetti della società in senso moderno, delineando tra l’altro (sotto forma di garanzie spirituali e materiali assicurate al pontefice pur nell’ambito della cessazione del suo potere temporale) un possibile, proficuo sbocco dei rapporti tra Stato e Chiesa, questione che avrebbe segnato molta della storia otto-novecentesca italiana. Di certo, però, quale eredità di quell’esperienza rimaneva pure la mancata partecipazione dei cattolici, causata dall’impossibilità o dall’incapacità di coinvolgerli nel processo costituente e politico: anche una tale antinomia tra cattolici e laici avrebbe pesato, e parecchio, sulla storia d’Italia successiva. Questioni importanti, come si vede, sulle quali vale la pena dibattere a distanza di oltre un secolo e mezzo, visto anche che la carta costituzionale dell’Italia di oggi deve larga parte del proprio impianto ideale a quell’esperimento romano.
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