Arrestati dalla Squadra Mobile la donna e due clienti della bambina
PESCARA- E’ una storia più brutta del solito quella su cui si sono trovati ad indagare, questa volta, gli uomini della Squadra Mobile della Questura di Pescara.
Una storia in cui, suo malgrado, ad essere protagonista e vittima allo stesso tempo è una bambina, dodici anni all’anagrafe, cresciuta in una famiglia “difficile”, dove la miseria e gli espedienti per farvi fronte erano di casa.
Un padre lontano ed una madre alla continua ricerca di denaro hanno fatto sì che la dodicenne divenisse presto, troppo presto, l’oggetto di insane – e penalmente illecite – attenzioni sessuali, sfruttate per tirare su qualche soldo.
E così la madre non ha esitato a farla prostituire, vedendo in lei una sicura fonte di guadagno per far fronte non solo alle difficoltà economiche quotidiane, ma anche per assecondare quelli che, di certo, bisogni primari non sono, considerata la “passione” della donna per il gioco del bingo. La donna, 45 anni, è stata oggi tratta in arresto in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di L’Aquila, dr.Giuseppe Romano Gargarella su richiesta del P.M. che ha coordinato le indagini, dr.ssa Simonetta Ciccarelli.
Grave l’accusa contestata: prostituzione minorile, per aver indotto, in più occasioni, la figlia dodicenne ad avere rapporti sessuali con uomini in cambio di denaro.
Nei guai anche i clienti, un vicino di casa di 92 anni, finito ai domiciliari, ed un diciottenne di Montesilvano, affetto da disturbi comportamentali e ritardo cognitivo, assistito dai Servizi Sociali, anche lui finito ai domiciliari. Per entrambi l’accusa è di atti sessuali con persona minore di anni 14.
Le indagini della Squadra Mobile hanno preso avvio lo scorso mese di luglio, allorché una comunità educativa per minori di questo capoluogo, segnalava che uno degli ospiti della loro struttura, appena maggiorenne e seguito dai Servizi Sociali, aveva raccontato di essersi pochi giorni addietro recato a casa di A.L.I., pescarese del 1966, e di avere lì consumato una prestazione sessuale orale a pagamento con la figlia minorenne della donna, pagando trenta euro direttamente alla madre. In un’altra occasione, invece, risalente a qualche tempo prima, il compenso della dodicenne era consistito in un telefonino.
>Veniva senza indugio immediatamente intrapresa dagli uomini della Polizia di Stato una mirata attività investigativa, nel corso della quale venivano anche poste sotto controllo alcune utenze telefoniche
Le prime risultanze davano, purtroppo, conferma dello sfruttamento sessuale della minore da parte della madre, persona gravata da precedenti e dedita ella stessa alla prostituzione.
Emergeva, in particolare, un quadro familiare desolante, dove la madre, alla continua ricerca di denaro, non esitava a concedere, a fini di lucro, i favori dell’unica figlia, ad un anziano vicino di casa, classe 1919, presso la cui abitazione la minore era solita recarsi di frequente.
In tale contesto si appurava anche come la quarantacinquenne e sua figlia, fossero riuscite ad ottenere a più riprese, attraverso vari stratagemmi, elargizioni di denaro da parte dell’anziano.
Addirittura la donna aveva inscenato la morte della figlia, per raggranellare altro denaro dall’anziano vicino, raggirato ed indotto a pagare anche le spese per il “funerale”.
Peraltro, alla fine dell’agosto scorso, il Tribunale dei Minori di L’Aquila – cui era giunta da parte della comunità educativa la stessa segnalazione pervenuta alla Procura di L’aquila ed alla Squadra Mobile – con proprio provvedimento disponeva l’allontanamento della bambina dal nucleo familiare, collocandola presso una struttura protetta specializzata, sospendendo, nel contempo, la potestà genitoriale della madre.
Per riottenere l’affidamento della figlia – ed i guadagni che ne derivavano – la donna, spalleggiata in questo da un settantatreenne di Popoli (cui è stata notificata oggi la misura cautelare del divieto di dimora in Pescara e Montesilvano perchè indiziato di favoreggiamento), con il quale intratteneva una relazione, aveva anche tentato di far ritrattare, di fronte al Tribunale dei Minori, il ragazzo la cui “confessione” aveva determinato la comunità educativa di cui era ospite ad inoltrare la segnalazione alle autorità. Allo scopo la coppia aveva avvicinato il padre del ragazzo per indurlo a far leva sul figlio e convincerlo a dichiarare ai giudici di essersi inventato tutto.Sulla base degli elementi di prova acquisiti nel corso dell’indagine la Polizia ha trasmesso alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di L’Aquila una dettagliata informativa, sollecitando l’adozione dei provvedimenti cautelari ai quali è stata data oggi esecuzione.