L’obiettivo comune di Regione, Provincia, sindacati e amministrazione civica è di “scongiurare l’ingiusta, immotivata, pretestuosa e mortificante chiusura di un cementificio che ha le professionalità, la capacità produttiva e di mercato di produrre e vendere cemento, nonostante l’attuale congiuntura negativa” – si legge nel documento. La decisione dell’azienda di smantellare l’attività produttiva a Scafa viene definita “grave, sbagliata e non rispettosa degli accordi sottoscritti a livello ministeriale” il 14 gennaio scorso che non parlano affatto della chiusura del cementificio della Val Pescara – che ha più di cento anni di storia e dà lavoro a circa 130 persone, direttamente e indirettamente. Nell’accordo era prevista invece la ristrutturazione dello stabilimento pescarese con un intervento di Cassa integrazione guadagni straordinaria (proprio con la causale della ristrutturazione) per un numero massimo di lavoratori di 32 unità. Ora, invece, a causa della crisi del settore, la Italcementi intende sostituire la produzione del cemento di cui si occupa in Abruzzo con un deposito, cioè un punto vendita, da ubicare tra i territori di Pescara e Chieti. Il prossimo passo dell’azienda sarà quindi la richiesta al ministero competente della rivisitazione dell’accordo del 14 gennaio per mutare la causale della cassa integrazione, passando da Cigs per ristrutturazione a Cigs per cessazione dell’attività. I sottoscrittori del documento annunciano di “non poter aderire a tale cinico piano” e pensano invece che ci sia ancora possibilità per la fabbrica di “avere mercato e produrre cemento”, per cui chiedono “un intervento forte e deciso da parte delle istituzioni preposte, sia nei confronti della proprietà Italcementi spa, sia nei confronti del ministero competente che, presumibilmente, sarà chiamato ad esprimersi sul cambio causale della Cigs”.
Testa , dal canto suo, ha commentato che si vuole “creare una lobby positiva, per fare in modo che la Italcementi si attenga agli impegni sottoscritti appena qualche mese fa e resti nel nostro territorio. Le condizioni per continuare a produrre possono esserci, considerato che a L’Aquila e nei comuni del cratere vanno eseguiti interventi significativi e poi bisogna tenere conto delle previsioni dei Fas, e quindi delle potenzialità di rilancio del settore che sicuramente ci sono, in questa regione”.
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