Insieme a loro, sul palcoscenico del Circus, Angela De Matteo e Marco Mario De Notaris. Le scene sono di Francesco Ghisu, i costumi di Michela Marino, disegno luci di Camilla Piccioni, consulenza musicale di Giovanni Block. La regia è di Luciano Melchionna.
Calendario degli spettacoli:
TEATRO CIRCUS
Martedi 22 gennaio alle ore 21
Mercoledi 23 gennaio alle ore 17 e alle ore 21
TRAMA – Stefania Rocca nasce a Torino e sin da giovanissima decide che vuole fare l’attrice. Frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Il successo arriva grazie a Naima, icona cyberpunk nel film Nirvana (1997) del regista Premio Oscar Gabriele Salvatores e con Viol@ (1998) di Donatella Maiorca. Studia all’Actor’s Studio e lavora con Anthony Minghella ne Il talento di Mr. Ripley (1999), Kenneth Branagh in Pene d’amor perdute (2000) e Tom Tykwer in Heaven (2002). Nel 2002 con Casomai di Alessandro D’Alatri ottiene la candidatura al David di Donatello e ai Nastri d’argento come miglior attrice protagonista, così come per La vita come viene (2004) di Stefano Incerti. Lavora con Abel Ferrara in Mary (2005) e GO GO Tales (2007). Per La bestia nel cuore (2006) di Cristina Comencini, presentato all’Oscar, ottiene un’altra nomination come miglior attrice non protagonista ai Nastri e ai David. Successivamente lavora in Francia in Le Candidat di Niels Arestrup e L’Envahisseur di Nicolas Provost presentato al Festival di Venezia nel 2011. E’ protagonista anche in numerose fiction di successo della Rai.
La storia riguarda un triangolo amoroso tra un giovane uomo intelligente ma mal disposto, Jimmy Porter, la sua impassibile moglie borghese, Alison, e la sua altezzosa migliore amica Helena Charles. Cliff, un amichevole pensionante gallese, tenta di mantenere la pace. La commedia ha avuto un grande successo sui palcoscenici di Londra, ed ha prodotto l’espressione “giovani arrabbiati” per descrivere Osborne e gli altri scrittori della sua generazione che impiegarono durezza e realismo, in contrasto con ciò che si scriveva prima di loro.
NOTE DI REGIA: Con Ricorda con rabbia di Osborne sono in scena le vicissitudini di un gruppo di ragazzi, le loro vicende personali e la storia d’amore dei due protagonisti ma la tragedia umana ‘privata’ diviene paradigmatica di un’intera generazione. Un’inquietudine profonda, la frustrazione ed il senso d’impotenza sono temi che ogni spettatore può riconoscere come propri, o in chi gli vive accanto, o nello sconosciuto che tutti i giorni prende con lui l’autobus e che improvvisamente esplode nella furia omicida. E’ l’uomo “contro”, che non distingue più i confini della sua rabbia, è contro anche le campane che irrompono nella discussione, è contro la padrona di casa, è persino ‘contro’ la pioggia. Ricorda con rabbia è apologia della rabbia irruenta, disperata, generalizzata, quella che ci circonda ora, rabbia verso una realtà che va liquidata, rivista alle radici.
A suo tempo la piéce venne definita “manifesto di una generazione”: oggi potremmo dire che ha preannunciato i nostri tempi ed è ancora il manifesto di chi si scontra con una società indifferente. E’ l’ira di chi affronta con furia chi si trincera nella sua cittadella a difesa dell’arroganza e della nebulosità dei suoi finti moralismi, di convenzioni e ipocrisie sociali, che non lasciano spazio né consolazione agli altri. L’uomo contro è ucciso dalla noia, dalla ripetitività delle cose quotidiane e in particolare dalle domeniche, urla perché gli altri si risveglino dall’indolenza e riscoprano un qualche entusiasmo, un qualche interesse nel presente che ai suoi occhi appare orripilante e disgustoso, anche nei giornali e nelle cronache culturali. Sembra dirci ancora oggi: “mutate animo, non vi accorgete del dolore che andate seminando? io ne sono l’emblema, il Cristo crocifisso dall’indifferenza!” E alla fine, violento e malinconico, si ripiega su se stesso, cerca il contatto, recupera la sua dimensione umana e affettiva, al riparo delle trappole esterne. “E’ nato in un’epoca che non è la sua”: ma qual è la sua epoca? E’ difficile trovare ancoraggio in una società regolata da norme che non si riconoscono. Oggi a quasi sessanta anni dalla prima rappresentazione del 1956 al Royal Court Theatre di Londra, il testo di Osborne è quanto mai attuale, è la tragedia di una solitudine individuale che si fa collettiva, in una incomunicabilità pressoché totale, in una micro collettività giovanile totalmente priva di entusiasmo e stimoli, senza riferimenti culturali forti cui far riferimento, incastrata in consuetudini imposte da un esterno che la fagocita per il suo guadagno, che ne brucia la possibilità e la creatività. L’uomo ‘contro’ è il giovane arrabbiato di questa generazione che non sa più in cosa credere e si attorciglia su se stesso alla ricerca di un’improbabile emancipazione fatta di eccessi, di coazione a ripetere; ma si trasformerà fino a diventare l’uomo ‘per’? L’ansia per una società più giusta sembra riaffacciarsi in questa epoca così sciatta nel sentire, così incapace di empatia, così prossima al collasso. Cosa è cambiato da quel lontano 1956? Per ora la risposta è ancora la rabbia.
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