“Con il decreto sblocca Italia le amministrazioni territoriali rischiano di non avere ruolo con avocazione allo Stato centrale delle decisioni che hanno impatto sul territorio – ha esordito il sindaco Marco Alessandrini – Siamo ottimisti, ma da parte nostra il parere è negativo, espresso nella delibera votata oggi in Giunta che verrà trasmessa al Ministro dell’Ambiente insieme al parere, anch’esso negativo, sul permesso di ricerca del progetto Elsa 2. Ci mobilitiamo per rispondere alle aspettative della comunità e consapevoli che la politica è questo. Lo facciamo in perfetta sintonia con la comunità abruzzese, con una linea istituzionale che vede sul fronte del no anche la Regione Abruzzo insieme a tantissimi Comuni costieri e che ha come priorità la tutela dell’ambiente. Pescara è situata sulla costa, nello specifico di fronte al mare dove si chiede di perforare, peraltro ad una distanza che è inferiore a quella stabilita dalle normative europee. Abbiamo fatto anche un’analisi costi-benefici da cui sull’eventualità di un’attività di perforazione usciamo doppiamente perplessi, perché Pescara difficilmente potrà guadagnarci. Parliamo di rischi, ma anche di ricadute di altro genere, perché prospettare l’Abruzzo come regione verde d’Europa, puntando sulla bellezza, sull’enogastronomia, sull’accoglienza e poi dare il benvenuto ad attività che non coincidono con questa linea non è certo una strategia positiva”.
“L’osservazione è stata tramutata anche in delibera perché la posizione del Comune fosse forte e chiara – ha aggiunto l’assessore all’Ambiente Paola Marchegiani – come detto verrà trasmessa al Ministero dell’Ambiente, insieme alla missiva in cui si dà parere negativo al pozzo del progetto, con una serie di considerazioni che partono dal fatto che ricade in una zona tutelata. Ci preme molto tutelare le nostre acque e la comunità abruzzese dai rischi che tale attività può comportare nell’Adriatico che è un mare chiuso. Esistono carenze essenziali del progetto sulla valutazione del rischio di danno ambientale, potenzialmente irreparabile in caso di un qualsiasi incidente, nonché sul fronte economico, considerato che la ditta che dovrebbe compiere le escavazioni ha un capitale che non dà garanzie finanziarie sufficienti per fronteggiare eventuali danni ambientali. Nella delibera il no viene motivato: dalla mancanza di garanzie in merito al ciclo dei fanghi prodotti; in merito alla capacità di fronteggiare eventuali incidenti (sversamenti, fuoriuscite e collisioni); in merito alla tutela dal rischio sismico a cui l’area è esposta; posto che le trivellazioni non sono a impatto zero,occorre considerare l’effetto cumulativo di campi di produzione attivi per anni e non del singolo pozzo esplorativo; infine, non ci sono vantaggi, né royalties per la comunità esposta”.
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