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Processo Housework: “D’Alfonso, i soldi me li dava la mia famiglia”

da Rita Consorte

PESCARA – L’escussione dell’imputato  eccellente Luciano D’Alfonso, e l’insediamento del nuovo procuratore De Siervo, ( giunto per sostituire Nicola Trifuoggi andato in pensione),  avvenuto durante una pausa dell’udienza del processo Housework, sono stati i due momenti  salienti che hanno caratterizzato l’udienza fiume di ieri mattina. Si avvia  dunque  alle battute finali il Processo  relativo alle presunte tangenti al Comune di Pescara , che  conta ben 24 imputati tra politici, imprenditori ed ex dipendenti comunali ed  ha fatto registrare l’ennesimo colpo di scena  quando a sorpresa nessuno dei sei imputati ( De Cesaris, Paolini, Fanì, Costantini, Di Mascio e Di Biase)  si è presentato  in aula. Così a sedere sul banco è stato l’ex sindaco di Pescara, Luciano D’Alfonso,  che prima ha risposto per circa un’ ora alle domande del PM Varone, e poi via libera al controesame effettuato dall’avv. Milia.L’esame di D’Alfonso, è iniziato  subito con l’interrogatorio del Pm Varone, che ha esordito con il chiedere all’ex sindaco, chiarimenti sull’acquisto dell’abitazione pescarese di via salita Zanni, dell’acquisto riguardante la moto e la macchina, una Volvo nel 2005.

“ Per l’appartamento ho corrisposto – dichiara D’Alfonso – 150 mila € e per l’arredamento  30.000 mila €.

Quei 30.000 mila € – spiega D’Alfonso – provenivano dai miei genitori, quando mio padre ha smesso di lavorare nel 2001 ha preso un trattamento di fine rapporto  pari a 91 milioni di lire più altri 12, mentre mia madre 34 milioni più un incentivo.

La macchina l’ho pagato con i soldi di mio padre, equivalente a 13 milioni di euro, 8 mila euro invece ho speso per le porte e la fornitura  elettrica per l’appartamento di Pescara”.

L’interrogatorio del Pm prosegue e dopo aver chiesto lumi sull’abitazione di via salita Zanni ,richiede chiarimenti sull’acquisto di una moto e della macchina ,una Volvo comprata nel 2005 e D’Alfonso risponde: “ Ero l’unico della famiglia a gestire le risorse. La pensione  di mia nonna, i soldi dei miei genitori, gli introiti di alcuni affitti e terreni e l’aiuto dei miei suoceri titolari a Lettomanoppello di una tabaccheria. Per pagare la moto – continua D’Alfonso – ho prelevato dal mio conto 3 mila euro e la parte restante veniva da un prelievo di 12.500 euro fatto l’anno precedente quando avevo bisogno di liquidi per le cure di mio fratello. Ho ricevuto aiuto anche dai miei suoceri, che mi hanno aiutato nelle commissioni quotidiane delle case di Francavilla e Pescara e ciò mi hanno dato respiro per pagare la villa di Lettomanoppello.”

E’ un D’Alfonso lucido che ricostruisce punto per punto tutti i fatti a lui contestati, il pm Varone ora affronta con l’imputato il tema inerente i viaggi: “ I viaggi non erano dazioni in cambio di qualcosa. Era la famiglia Toto ad organizzare i viaggi loro cercavano accompagnatori – esclama D’Alfonso – i viaggi erano onerosi per Toto con cui viaggio dal 1988. Perché a Malta non ho speso i soldi? Prevalevano il sole, l’acqua ero assorbito dalle riflessioni di Toto.”

L’esame del Pm Varone si esaurisce in meno di un ora poi spazio al lungo controesame dell’avv. Milia, dove vengono sviscerati tema per tema tutti gli argomenti in cui l’imputato D’Alfonso, è coinvolto.

Il lungo controesame dell’avv. Milia, diventa come un boomerang per l’accusa costretta ad ascoltare le parole del grande oratore nella persona di D’Alfonso, i temi affrontati sono molti: dal tormentato secondo bando di gara di riqualificazione dell’area di risulta  al quale  nessun imprenditore partecipò perché lo riteneva poco conveniente, ai rapporti con la famiglia Toto, di cui l’imprenditore Carlo è anche padrino del primo figlio di D’Alfonso; ma, c’è stato spazio anche per parlare del project financing sui cimiteri e di come avvenne l’incontro con Leombroni e l’avv. Mariani, divenuti nel tempo due figure importanti di questo processo.

D’Alfonso, durante il controesame ha ricostruito passo dopo passo tutta la sua esperienza da sindaco, dei suoi rapporti con gli imprenditori e del suo stretto legame con i cittadini che lui stesso definisce “ sovrani”.

Parla ,cita i nomi di alcuni dirigenti comunali con il quale avrebbe avuto durante la sua esperienza da Sindaco, incomprensioni: “ La Di Ludovico, l’ing. Salvati e Carugno”, sono questi i nomi che D’Alfonso, cita nel corso della sua lunga deposizione durata circa sei ore.

“ Quando fui eletto sindaco ereditai una macchina amministrativa composta da 980 dipendenti, 17 dirigenti e 64 vice dirigenti – ha riferito D’Alfonso – , ma anche una città che sembrava Beirut, con 791 vie scarsamente curate. Capii subito che il mio obiettivo doveva essere coinvolgere i cittadini, mantenere in vita le opere fatte, combattere gli atti vandalici, diminuiti del 90 per cento durante la mia amministrazione, e far comprendere che Pescara era molto di più di 123 mila abitanti. Per adoperarmi in questo progetto sono andato a caccia di competenze, di persone capaci e che mi avrebbero supportato in questo cammino.”

L’avv. Milia, stenta a trattenere  D’Alfonso che ha tanto da dire: “ Il sindaco non è colui che si siede per prima allo stadio e al teatro ma chi conquista risorse verso l’esterno e io  ho al mio attivo i fondi Urban e il mecenatismo, ben diverso dallo scambio di volumi urbanistici, grazie al quale è stato costruito anche il Ponte del mare”.

Durante la sua amministrazione D’Alfonso, ha avuto rapporti con gli imprenditori della città: “ non ho mai dato ordini, ma ho sempre rivolto inviti o richieste che facessero conto dell’autonomia del mercato”.

Nel corso del controesame c’è spazio anche per citare la strutturazione della sua agenda pubblica, le sue funzioni e soprattutto l’importanza della comunicazione istituzionale fatta anche attraverso un ricco rapporto epistolare, con la cittadinanza.

Si parla poi  dei collegamenti con Spalato e della Jadrolinija la compagnia croata che curava questi trasporti marittimi e dell’importanza di creare a Pescara, l’autostrada del mare; la  deposizione è stato quasi un monologo politico terminato con questa dichiarazione: “ Io, non ho mai chiesto qualcosa a un imprenditore. Nessuno di loro ha mai condizionato la mia capacità decisionale, ci sono tante cose che rifarei, ma fra queste non c’è la fortissima amicizia con Carlo Toto”.

L’udienza terminata nel tardo pomeriggio è stata aggiornata al prossimo 22 ottobre quando sul banco degli imputati saliranno quelli che non sono stati ascoltati nell’udienza di ieri mattina, in particolare  Paolini, De Cesaris, Di Mascio ed infine è attesa anche la deposizione dell’altro imputato eccellente, l’ex braccio destro Guido Dezio.

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