Nella scorsa udienza l’attenzione era rivolta alle arringhe difensive degli avvocati Augusto La Morgia e Franco Coppi, legali dell’imputato Carlo Toto.
Per l’udienza di ieri mattina sono andate in onda altre arringhe difensive in particolare degli imputati: Leombroni, Presutti, Mariani, Molisani e De Cesaris.
Tema centrale per tutta la durata dell’udienza sono stati i due mega appalti quello sull’area di risulta ed il project financing sui cimiteri, i punti cardine su cui ruota l’intera inchiesta giudiziaria.
L’avv. Di Girolamo, ha aperto così la sua arringa:
“ Il pm afferma che il bando dell’area di risulta è stato scritto a quattro mani e accusa Leombroni sulla base degli appunti sequestrati, ma è lo stesso pm a dire che tra gli appunti ed il bando ci sono al massimo 3 o 4 numeri che coincidono mentre tutti gli altri sono diversi”.
Poi ha proseguito dicendo:” Tra quelli che non coincidono c’è il numero dei posti in ZTL: Leombroni concepisce 2 mila mentre sul bando si riducono a 600. Non è stato Leombroni a scrivere quel bando”, ha dichiarato l’avvocato spiegando poi che anche l’accusa di corruzione, come la precedente di turbativa d’asta è infondata”.
Dopo aver analizzato la posizione di Leombroni, l’avv. Di Girolamo ha posto l’attenzione sull’ex portavoce di D’Alfonso, Marco Presutti anch’egli imputato nel processo ed accusato di truffa e associazione per delinquere. L’avvocato Di Girolamo, ha detto esaminando la posizione di Presutti:
Contro Presutti, – afferma l’avvocato – il pm porta come prova un’intercettazione e due mail inviate alla tipografia Brandolini. Durante il processo quasi tutti i testimoni hanno ricordato che Presutti svolgeva un’attività di natura creativa e che non si occupava dei pagamenti perché non erano di sua competenza.
L’avvocato Di Girolamo, ha poi valorizzato la sua tesi:
“ l’intercettazione non mostra neanche un indizio perché non si fa il nome di Presutti e che anche le mail non provano nulla perché sono scambi tra l’ex portavoce e il grafico di Brandolini, non il responsabile, sulla realizzazione grafica di un manifesto”.
Questa decreterà anche il futuro dell’ex sindaco di Pescara, Luciano D’Alfonso, per lui l’accusa ha chiesto una condanna a sei anni di reclusione più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, che se accolta sarebbe la fine della sua carriera politica.
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