Home » Attualità » Provincia dell’Aquila, continua il crollo demografico: la nota di CGIL

Provincia dell’Aquila, continua il crollo demografico: la nota di CGIL

da Marina Denegri

Marrelli (CGIL): “Occorre un progetto ad ampio raggio che coinvolga dagli enti locali, alle forze sociali e alle realtà associative”

L’AQUILA – Riceviamo una nota pervenuta a firma del Segretario Generale della Camera del Lavoro CGIL L’Aquila Francesco Marrelli.

Continua il crollo demografico nella nostra provincia. Infatti dai dati ISTAT rilevati al 31 dicembre 2020, risulta una perdita netta di residenti pari a 2153 cittadini e cittadine rispetto all’inizio dell’anno, con una incidenza negativa dello 0,73%. Questo dato, comparato a quello certificato del 31 dicembre 2008 rivela una perdita di residenti pari a 12887 cittadini e cittadine, che corrisponde al 4,22% di residenti in meno. Tale dato è la somma derivante dal saldo migratorio ed il saldo naturale. Il 2008 ha rappresentato l’anno dell’inizio della crisi economica da sovrapproduzione che ha generato una importante riduzione dell’occupazione, a cui negli anni successivi si è sovrapposta la crisi derivata dalla catastrofe da terremoto fino ad arrivare ad oggi con la crisi economica originata dalla pandemia che ha ulteriormente indebolito la già difficile situazione occupazionale ed economica.

Nel 2020 il saldo migratorio è rappresentato da 298 donne e 256 uomini che hanno lasciato la nostra provincia. A pagare maggiormente questa tendenza sono le aree montane più marginali e svantaggiate, quelle che continuano a vivere una mancanza di servizi essenziali, quali il trasporto pubblico locale, la continua restrizione dei servizi sanitari, la difficoltà per l’accesso alla scuola, i continui disagi per i servizi postali e bancari. Incide negativamente nelle scelte delle persone anche una continua contrazione dell’occupazione che costringe molti alla migrazione verso altri territori, sia fuori che dentro regione.

La crisi pandemica che sta comportando una ulteriore contrazione delle opportunità di lavoro rischia di accentuare la tendenza allo spopolamento. È necessario un immediato cambiamento nella capacità di programmazione, servono alleanze tra i soggetti istituzionali di vari livelli e le parti sociali, affinché si possa rilanciare un vero e proprio piano per il lavoro, superando le diffuse disuguaglianze tra lavoratrici e lavoratori e riconsegnando certezza alle forme di occupazione ed alle tipologie contrattuali.

È necessario generare nuove opportunità di lavoro attraverso investimenti pubblici e privati, ribadendo contestualmente la necessità che il lavoro sia stabile e di qualità e riaffermando il valore del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Il proliferare di forme atipiche di rapporti di lavoro, sia nel pubblico che nel privato, costringe i giovani a migrare in cerca di condizioni occupazionali più stabili, che rendano la vita dignitosa e non li tengano soggiogati al ricatto di scadenze temporali del rapporto di lavoro o di bassi salari per forme inappropriate di lavoro.

La precarietà, generata in questi anni, riduce la possibilità di continuare a vivere nei nostri territori, collocando in uno stato di incertezza perenne le nuove generazioni. La precarietà pone i lavoratori in una condizione di perenne ricatto imponendo una continua contrazione salariale con un aumento inevitabile delle disuguaglianze. La dignità del lavoro e della vita delle persone deriva da un salario equo, altrimenti il lavoro produce sfruttamento.

A questo si aggiunge una nuova e pericolosa forma di povertà, che sta colpendo prevalentemente le persone che già prima della pandemia vivevano condizioni di difficoltà e che in questo periodo sono scivolate violentemente verso una situazione che rischia di diventare cronica e non più temporanea. Per questa ragione è necessario nel contempo rafforzare le politiche di inclusione sociale e di sostegno al reddito.

Gli enti locali devono essere protagonisti di un ampio progetto di inclusività e tutela delle comunità che passa per l’allargamento dei servizi essenziali, quali: sanità, trasporto, scuola, reti materiali e immateriali.

Riteniamo necessario che si provveda subito all’elaborazione di una metodologia programmatoria che superi la logica del particolare e la misura occasionale, magari legata a logiche elettorali. La nostra provincia necessita di un progetto ad ampio raggio che coinvolga tutti i possibili agenti: dagli enti locali, alle forze sociali e alle realtà associative che, molto spesso, agendo sul territorio hanno capacità di lettura che forse alla politica manca”.

Ti potrebbe interessare