Facile restare affascinati di fronte alla chiesa dedicata a San Nicola, il santo dei pastori, o imbattersi addirittura in sculture di pecore
CALASCIO – Calascio (L’Aquila), 1210 metri sopra il livello del mare: con la sua Rocca, è uno dei simboli più famosi d’Abruzzo. Posta in una posizione mozzafiato, a cavallo tra la piana di Campo Imperatore e la valle del Tirino, si trova all’interno del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Le telecamere Rai con Sem Cipriani si sono spinte fin qui insieme allo scrittore Peppe Millanta per una nuova puntata della rubrica a cura di Paolo Pacitti,“Quota Mille”.
E’ evidente lo stretto rapporto che il borgo ha con la transumanza: è facile infatti restare affascinati di fronte alla chiesa dedicata a San Nicola, il santo dei pastori, o imbattersi addirittura in sculture di pecore. “Una traccia di quell’antica ricchezza – evidenzia Millanta – la ritroviamo all’interno della Chiesa di Santa Maria delle Grazie, eretta a fine ‘500, un luogo incredibile perché le famiglie proprietarie delle greggi facevano a gara per avervi ognuna il proprio altare, che arricchivano in segno di potere”.
L’interno Santa Maria delle Grazie è ricco di opere e oggetti di estremo pregio, al passo con le mode dei maggiori centri italiani ed europei. Gli altari: sembrano di marmo, il materiale nobile per eccellenza, che però in Abruzzo non c’era. E allora ci si era ingegnati realizzandoli in legno, per poi di trattarli in modo da sembrare marmo.
Tra le opere presenti, c’è anche quella del Cavalier d’Arpino, il maestro di Caravaggio.
“Nella piazza principale di Calascio – racconta Millanta – c’è una fontana che racconta una storia fatta di comunione e di riscatto ed è dedicata a una certa donna Filonilla. L’inizio della storia si perde nella notte dei tempi, perché da sempre l’acqua è stato il grande problema dei calascini, che hanno sofferto la sete per secoli. Unico mezzo per l’approvvigionamento erano delle cisterne che raccoglievano l’acqua piovana dai tetti, appannaggio delle classi più ricche, mentre tutti gli altri erano costretti a rifornirsi nel vicino laghetto. A metà dell’800 però fu finalmente individuata una sorgente, ma la gioia degli abitanti si smorzò quasi subito: si trovava infatti ad una altitudine di 2600 metri e a una distanza di 13 km, e lo Stato non era in grado di coprire i costosissimi lavori. Come per una maledizione l’acqua, a Calascio, sembrava non dover arrivare mai. Fu a quel punto però che entrò in scena una donna ricca e visionaria, Filonilla Frasca, che era convinta che se i calascini volevano l’acqua, dovevano farcela da soli. Offrì quindi le prime 40mila lire, una vera fortuna per quei tempi, contagiando con il suo entusiasmo i compaesani in un processo virtuoso: ogni abitante iniziò a contribuire con quanto poteva. Chi non aveva nulla donava il proprio lavoro, chi era all’estero spediva il denaro. Lavorarono tutti, contro la neve e la pioggia, giorno e notte, strappando al difficile terreno metro dopo metro una conduttura che portò finalmente l’acqua a Calascio”.
Il viaggio tra i borghi d’Abruzzo continua su Buongiorno Regione; novità, curiosità e qualche piccola anticipazione sono sulla pagina Facebook https://www.facebook.com/peppemillanta, dov’è possibile saperne di più anche sulla puntata dedicata a Calascio.