Il Segretario Regionale SNALS-Confsal Abruzzo per la riapertura delle attività didattiche: “A 40 giorni dalla ripresa sembrano poche le certezze sulla reale possibilità di tornare tutti in classe”
REGIONE – Tanti dubbi e poche certezze. Lo scenario disegnato dal ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, in vista della riapertura scolastica tra poco più di un mese, scontenta tutti. A preoccupare gli addetti ai lavori, alunni, docenti, dirigenti sono le tante voci che si rincorrono, anche contraddicendosi e che dimostrano che,al momento, non sia stata tracciata una rotta sicura, da parte di chi ha in mano le sorti della scuola italiana. A dirlo, apertamente e senza tanti giri di parole, è ancora una volta lo SNALS-Confsal Abruzzo, attraverso le parole del suo segretario regionale, Carlo Frascari.
“A quaranta giorni dalla ripresa delle attività didattiche e meno di due mesi dall’inizio delle lezioni”, conferma il massimo dirigente regionale del sindacato autonomo della scuola, “fissato al 14 settembre dalla nostra Regione, sembrano poche le certezze sulla reale possibilità di tornare tutti in classe. Le dichiarazioni dei presidenti delle nostre quattro province, apparse sulla stampa il 17 luglio, fanno chiarezza sullo stato reale delle cose aldilà dell’ottimismo ribadito in ogni occasione dal ministro Azzolina. “In un recente incontro del capo del dicastero con i rappresentanti di associazioni, amministrazioni e sindacati abruzzesi”, aggiunge Frascari”, sono state esposte al ministro tutte le problematiche e le incognite che gravano sulla ripresa della didattica in presenza nei nostri istituti, che sono poi quelle di tutta Italia con l’aggravante che noi stiamo facendo ancora i conti sui disastri provocati dai terremoti.
A queste criticità bisogna poi aggiungere la particolare dislocazione delle scuole nella nostra regione, che rende complesso immaginare un piano trasporti per gli alunni conciliabile con le necessità imposte dal Comitato Tecnico Scientifico per la pianificazione delle attività scolastiche a settembre”. Tutti auspicano, anche per ragioni di ordine sociale ed economico”, prosegue Frascari”, che si torni alla didattica in presenza generalizzata, soprattutto nel delicato settore della scuola dell’infanzia e primaria. Ma dobbiamo essere onesti nel prevedere che, almeno per un gran numero dei nostri istituti, questo non sarà possibile; non tanto per la carenza di banchi adatti ( che ora sembra il problema centrale sul quale concentrarsi) ma per le ragioni che proviamo ad elencare.
- Molti nostri edifici, alcuni dei quali sono i MUSP post terremoto, non potranno essere adattati alle nuove esigenze in due mesi, anche per carenza di risorse ( significativo che i presidenti delle nostre province arrivano a chiedere che l’inizio delle lezioni sia spostato al 1° ottobre).
- Qualsiasi rimodulazione del tempo scuola o degli spazi didattici richiede, per le lezioni in presenza, un aumento del personale docente e dei collaboratori scolastici di molto superiore a quello ipotizzato dal ministero.
- La sorveglianza sanitaria e le misure di prevenzione non potranno essere adeguatamente garantite in molte realtà locali ed in quegli istituti che prevedono attività di laboratorio diffusi nei propri curriculi.
- Siamo in attesa, a livello nazionale, che sia proposto, ed eventualmente siglato, il protocollo d’intesa sulla sicurezza per la riapertura. Per questo”, conclude Frascari, ” non possiamo immaginare che si torni al lavoro in presenza per circa un milione di persone senza che ci siano garanzie per la prevenzione.
In fondo sarebbe un bene per tutti che l’epidemia nel nostro Paese e nella nostra regione si spenga ulteriormente, ma non possiamo pensare che proprio da una riapertura avventata delle scuole arrivi una nuova emergenza sanitaria”.