Salce e Taucci: “L’allargamento delle restrizioni su base territoriale rende superflua la distinzione tra le attività chiuse per ordinanza e quelle che, pur rimanendo aperte, vedono il proprio giro d’affari fortemente ridimensionato”
PESCARA – «É sbagliato a livello istituzionale chiedere un lockdown totale di attività commerciali e artigianali. Ed è stupefacente che alcune sigle associative avallino con loro prese di posizione pubbliche questa richiesta. Il problema, semmai, è unire le forze e chiedere che i sostegni previsti per le diverse attività non siano vincolati ad aperture e chiusure di esercizi, ma al calo di fatturato». Lo affermano i direttori della Cna di Pescara, Carmine Salce, e della Confesercenti, Gianni Taucci, secondo cui, «in una situazione in cui occorrono senso di responsabilità e saldezza di nervi, vengano avanzate ipotesi di chiusure totali che non ci trovano affatto d’accordo, come abbiamo detto con chiarezza anche nella riunione di ieri della commissione Commercio del Comune. Pur comprendendo le difficoltà di interpretazione di alcuni disposizioni contenute nell’ultimo Dpcm, come quella legata alla possibilità di muoversi da un comune all’altro per raggiungere attività di fiducia, come nel caso di parrucchieri ed estetiste per i quali la Cna ha chiesto ai prefetti abruzzesi una “interpretazione autentica” sulla falsariga di quanto avvenuto in altre regioni, invocare invece la chiusura generalizzata appare un rimedio peggiore».
Il problema, proseguono Salce e Taucci, è semmai «battersi tutti assieme affinché i meccanismi individuati nei decreti ristori diano adeguata tutela alle imprese, autonomi e professionisti che compongono le filiere colpite dalle misure restrittive. L’allargamento delle restrizioni su base territoriale rende superflua la distinzione tra le attività chiuse per ordinanza e quelle che, pur rimanendo aperte, vedono il proprio giro d’affari fortemente ridimensionato».
Dunque, per i due direttori, «come dicono giustamente a livello nazionale le nostre sigle, il crollo della domanda che sta interessando segmenti sempre più ampi di mercato, rende chiaramente inadeguato il meccanismo dei codici Ateco, che richiedono quotidiani aggiustamenti. Diventa quindi indispensabile adottare come criterio per accedere al contributo a fondo perduto il calo di fatturato, unico strumento che effettivamente fotografa l’andamento delle imprese. In questa logica il riferimento non può essere limitato allo scorso mese di aprile ma dovrà tenere in considerazione un periodo più congruo, considerando la ciclicità di molti settori dell’economia».
«Ma – concludono – un conto è invocare modifiche ed interventi tempestivi, altra cosa mettersi a chiedere di chiudere i battenti: perché stavolta, per tanti, potrebbe voler dire non riaprirli più».