PESCARA – “Se la Regione Abruzzo, come previsto dalla legge 170 del marzo 2014, avesse realizzato la Carta di Localizzazione dei Pericoli da valanga (Clpv), oggi le 29 persone morte nella tragedia dell’Hotel Rigopiano sarebbero vive”. Questo hanno detto i legali del Comune di Farindola – del sindaco Ilario Lacchetta e del tecnico comunale Enrico Colangeli, indagati – per illustrare le ragioni alla base della denuncia presentata nei confronti della Regione Abruzzo.
Nell’inchiesta sono indagati, oltre a Lacchetta e Colangeli, il presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, al direttore dell’albergo Bruno Di Tommaso e ai due funzionari della Provincia Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, con le accuse di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose plurime e atti omissivi in materia di sicurezza del lavoro.
“Da quella documentazione è emerso che nel 1992 la Regione Abruzzo, insieme ad altre sette regioni, in seguito alla sciagura del Pavillon, ideò una splendida legge finalizzata a prevenire il rischio valanghe, che però è rimasta a dormire per anni nei cassetti della Regione”, ha spiegato l’avvocato Cristiana Valentini, insieme alla presenza dei legali Goffredo Tatozzi e Massimo Manieri, e del team di esperti formato dal climatologo Massimiliano Fazzini, dall’ex responsabile di Meteomont Abruzzo Giorgio Morelli e dall’ingegnere specializzato in area montuose Marco Cordeschi, che hanno svolto perizie tecniche nell’ambito delle indagini difensive.
“Nel marzo del 2014, improvvisamente – aggiunge – la Regione decide di dare attuazione a quella legge, emanando la legge 170, dando contestualmente l’ordine alla Protezione civile di redarre la Clpv, essenziale per applicare la norma. Quella legge prevedeva l’obbligo per la Regione di redarre la Carta di Localizzazione dei Pericoli da valanga, prevedeva che a realizzarla fosse la Protezione civile e prevedeva che la Carta fosse approvata dalla Giunta regionale e inviata ai comuni – continua Valentini -. A partire da quel momento, la legge avrebbe imposto vincoli edilizi e ordini di sgombero per tutte le strutture situate in aree valanghive”.
La Carta di Localizzazione dei Pericoli da valanga non è mai stata realizzata. “Cinque giorni dopo il disastro la Regione ha annunciato che nel 2014 si era dotata del catasto comprendente la Carta storica delle valanghe – rimarcato l’avvocato – ma quella carta, come è giustamente specificato sul sito della Regione, non consente di prevedere alcuna valanga”.
Al contrario, dallo studio realizzato dall’ingegner Cordeschi, sul modello della Clpv, compiuto attraverso rilievi sul posto e l’esame di immagini satellitari anteriori al disastro, emerge chiaramente che l’Hotel Rigopiano si trovava in una zona a rischio valanga. “Questa prova non è scientificamente confutabile – sottolinea Valentini – Se dal 1992 la Regione ha evidenziato trascuratezza, dal 2014 il suo comportamento diventa doloso”.
“Nel delineare la condotta dolosa della Regione Abruzzo, abbiamo applicato gli stessi criteri che sono stati utilizzati nell’ambito di un precedente autorevole, quale il caso della Thyssenkrupp di Torino”, hanno riferito gli avvocati del Comune di Farindola, che hanno chiesto il sequestro di tutte le e-mail che sono state inviate negli uffici regionali dal marzo del 2014 ad oggi.
Il 28 maggio prossimo, su richiesta dei legali del Comune di Farindola, sarà ascoltato Sabatino Belmaggio, dirigente del Servizio Prevenzione dei Rischi di Protezione Civile.
“Abbiamo chiesto che fosse ascoltato già da molto tempo – rimarca l’avvocato di Lacchetta e Colangeli, Cristiana Valentini – e abbiamo moltissime domande da porgli”. Quanto all’acquisizione di documenti avvenuta nella giornata di ieri presso l’Ufficio prevenzione rischi e Protezione civile della Regione Abruzzo, Valentini dice di non sapere “abbia a che vedere con il nostro esposto. Abbiamo presentato la denuncia a L’Aquila il 12 maggio scorso – conclude l’avvocato – ma già da diversi mesi, quando però non eravamo ancora in possesso degli ultimi documenti, avevamo fornito i nostri elaborati alla Procura di Pescara”.
Secondo l’avvocato Valentini, “con la Clpv sarebbe stato possibile prevedere la valanga e chiedere ai Comuni di gestire l’emergenza valanghe senza quella Carta è come chiedere ad un automobilista cieco di guidare una vettura”. Il climatologo Fazzini sottolinea che la realizzazione della Clpv “non comporta particolari difficoltà e tempi molto lunghi, tanto è vero che io ne ho realizzate 80 nel giro di due estati, in ambienti molto più complessi come quello delle Dolomiti”.