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Rocca Calascio, chiusa mostra La Nemesi e il Cammino di Serena Ciccone

da Marina Denegri

Tema dominante era la donna, nella sua essenza di creatura protettiva e accogliente, relegata in secondo piano in una società patriarcale

la nemesi e il cammino

CALASCIO – Riceviamo e pubblichiamo una nota di Barbara Turriziani su La Nemesi e il Cammino, la mostra dell’artista Serena Ciccone svoltasi nell’internazionale sito di Rocca Calascio.

“Si è da pochi giorni conclusa Nemesi, la fortunatissima mostra personale di una delle figure femminili contemporanee più interessanti del panorama nazionale, Serena Ciccone. Poliedrica artista di origini abruzzesi, che, nella ammaliante ambientazione del Castello di Rocca Calascio, simbolo ed emblema della regione, con il collega e curatore dell’installazione, Alex Frattaroli, ci ha permesso di entrare nel suo Io più recondito e scoprire il suo lato più intimo, delicato ma pungente e mordace al contempo.

Per la meditata scelta degli autori, raggiungere lo spazio espositivo è stato un vero e proprio cammino iniziatico: in uno scenario naturale di commovente bellezza, il visitatore si è cimentato in strade, sentieri montani, ha attraversato un ponte levatoio, riuscendo a guadagnare, solo inchinandosi, l’angusto accesso alla Rocca, imponente e magnifica, signora del paesaggio e della sua storia di secoli e, alfine, arrivare al cuore del castello e all’universo artistico dell’autrice. Una sorta di allegorica conquista che gli ha permesso però di essere il degno fruitore di emozioni e suggestioni che lo hanno a loro volta accolto e conquistato.

La giovane e valente autrice, con i suoi lavori di ricerca attraverso la pittura, l’installazione e la performance art, ha voluto renderci partecipi del suo vissuto e delle sue visioni, sollecitandoci un’introspezione catartica in un riverbero di turbamenti e sollecitazioni. Il titolo della personale, Nemesi, è illuminante; il curatore Alex Frattaroli, ce ne spiega la genesi dal verbo greco νέμω, (nemo), nel significato di pascolo, spargo, che sin dai tempi di Omero ha però assunto la valenza di distribuisco, dispenso, riferito soprattutto alla terra e agli onori. Nemesis è la distribuzione dei pascoli, della giustizia e più tardi della giustizia divina; il termine ha dunque origine dal mondo pastorale, agreste e nella sua più antica accezione, raccoglie tutte le intenzioni e le affinità che Serena, come ci illustra amabilmente, ha riposto nella mostra: le sue fortunate origini montane, il suo intento narrativo che si snoda attraverso un percorso di immagini e idee dispensate e sparse come fiori squisiti nel manto erboso dei fertili pascoli di Campo Imperatore.

Il tema dominante della mostra è la donna, nella sua essenza di creatura feconda, protettiva e accogliente, indomita e fiera, seppur costretta e, per secoli, relegata in secondo piano in una società patriarcale.

L’artista mette a nudo se stessa, in un processo di autoanalisi e catarsi, per narrare la sua esperienza e per permettere all’osservatore di riflettere e trovare una sua propria chiave di lettura, in un’atmosfera di intimo raccoglimento. Il suo percorso artistico, vanta un lungo bagaglio di esperienze europee e internazionali, che le hanno permesso di affinare tecniche e mezzi espressivi, sebbene la passione per il disegno nasca nei primissimi anni dell’infanzia.

Diplomata in Arteterapia, è laurenda in Pittura presso l’Accademia delle belle arti di L’Aquila. Un’artista dalla spiccata sensibilità e delicatezza, entusiasta e appassionata, una donna concreta e forte, orgogliosa delle sue radici calascine e cittadina del mondo, le cui opere attraggono per la purezza e leggerezza della cifra stilistica e per la potenza del messaggio, chiaro, diretto, immediato. L’autoritratto Give me a name richiama la soave delicatezza del minimalismo svedese, che invita a sottrarre per dare più intensità all’opera, è il suo vessillo. Lo sguardo calmo ma enigmatico, il sorriso sereno ma sibillino sono spiazzanti ma attraenti e richiamano altri viaggi e altri cammini che saremo sempre curiosi di intraprendere”.

Il mondo non è stato creato una volta, ma tutte le volte che è sopravvenuto un artista originale. (Marcel Proust)

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