ROMA – Da sabato 3 settembre a sabato 15 ottobre 2011 il Complesso del Vittoriano ospiterà una mostra d’arte : I colori delle Avanguardie. Arte in Romania 1910 – 1950.
Attraverso 74 olii di 24 artisti provenienti da importanti musei della Romania, vuole ripercorrere la produzione dei grandi Maestri delle Avanguardie romene nel periodo che va dal 1910 al 1950.
Anziché indulgere in una selezione pedante e purista che estrapolasse le opere dell’avanguardia dal loro contesto storico, quello variegato e ricco dell’arte romena della prima metà del XX secolo, questa mostra comprende un fenomeno storico e culturale straordinariamente denso e complesso, quello della coabitazione, della tensione, della discordia e delle influenze reciproche tra modernismo, avanguardismo e tradizionalismo nel periodo tra le due guerre mondiali.
ha commentato Erwin Kessler, che è la curatrice della rassegna promossa dall’Ambasciata di Romania in Italia, dall’Istituto Culturale Romeno e dall’Accademia di Romania in Roma.
Organizzata e realizzata da Comunicare Organizzando di Alessandro Nicosia sarà inaugurata venerdì 2 settembre alle ore 18.30 presso il Complesso del Vittoriano, la mostra che
Più che una mostra d’arte, I Colori dell’Avanguardia è una mostra di storia. Non fornisce però una presentazione analitica, un quadro complessivo degli eventi artistici succedutisi durante alcuni decenni. Si concentra invece su alcuni fenomeni significativi, azioni e reazioni che hanno determinato non solo la comparsa di determinate formule nell’arte locale del periodo tra le due Guerre, ma anche la sconcertante evoluzione avvenuta dopo la Seconda guerra mondiale, durante i primi anni del regime comunista.
Per comprendere l’evoluzione artistica che negli anni Venti e Trenta ha portato dalle diverse forme dell’impressionismo e del simbolismo all’espressionismo e al postimpressionismo e poi all’astrattismo e al costruttivismo, al tradizionalismo e al surrealismo e più tardi ancora all’apparentemente paradossale uniformizzazione dei diversi filoni nel realismo socialista, è infatti necessario contrapporre le opere e le biografie di artisti che hanno condiviso non solo un’epoca, ma anche un insieme di valori e soprattutto l’abitudine di mettere contemporaneamente in scena il conflitto e il rispetto delle regole e dell’accordo.
ha continuato sempre E. Kessler.
La mostra è stata già allestita nel 2007 in cinque importanti musei rumeni (Brukenthal, Sibiu, National Museum of Art, Bucarest, Museo d’Arte, Constanta, Timisoara Art Museum, Museo d’Arte di Oradea) e nel 2009 presso il Museo Nazionale d’Arte Contemporanea di Lisbona (Museo do Chiado) e presso la Galleria Nazionale di Praga. Quest’anno a Roma sarà ad ingresso libero ai seguenti orari 9.30 –19.30, tutti i giorni con l’accesso consentito fino a 45 minuti prima dell’orario di chiusura. Per informazioni: tel. 06/6780664
Gli artisti coinvolti sono: Apcar Baltazar, Victor Brauner, Marius Bunescu, ?tefan Dimitrescu, Hans Eder, Marcel Jancu, Petre Iorgulescu Yor, Max Herman Maxy, Hans Mattis-Teutsch, Corneliu Mich?ilescu, Theodor Pallady, Jules Perahim, Alexandru Phoebus, Elena Popeea, ?tefan Popescu, Magdalena R?dulescu, Camil Ressu, Szolnay Sándor, Ion Theodorescu Sion, Francisc ?irato, Jean Al. Steriadi, Nicolae Tonitza, Ion ?uculescu, Alexandru Ziffer.
La rassegna è distinta in quattro sezioni:
1. Il pathos poetico dei temi sociali. In questa prima parte vengono presentati esponenti del modernismo classico e dell’avanguardia che adottarono uno stile figurativo e si fecero portavoce di posizioni ideologiche progressiste, che spaziavano dal socialismo sentimentale all’anarchia critica ed estetizzata. Il punto di partenza è l’esperienza traumatica della Prima guerra mondiale, con il suo carico di violenza, ansia e pessimismo sociale, seguita quasi immediatamente dal fervore dirompente della rinascita borghese, testimoniata da scene urbane, paesaggi industriali, descrizioni d’interni, immagini di sport, incubi e sogni a occhi aperti.
2. Le utopie dell’identità. La seconda sezione inquadra in senso etnico l’arte prodotta in Romania dal 1910 al 1940, includendo opere rappresentative delle peculiarità profondamente nazionali dell’arte modernista e d’avanguardia. Le due tendenze diedero voce a temi suggestivi e diversi, che includono l’esaltazione romena della vita contadina, l’idealizzazione ungherese del paesaggio della Transilvania e la descrizione tedesca dell’agiatezza borghese.
3. Angosce e sogni urbani. Questa sezione focalizza l’attenzione sulle aspirazioni e le preoccupazioni legate allo sviluppo della città industriale e dei suoi aspetti meccanici, alienanti ma pur sempre seducenti. Prosperità e crisi, case di tolleranza e politica, evasione e impegno, intrattenimento, visioni utopistiche ed effettiva precarietà dell’esistenza delineano l’immagine di un universo variopinto, benché a volte avvilente.
4. La fine del viaggio. Attraverso tre delle ultime opere di M. H. Maxy e Mattis-Teutsch, l’ultima sezione attesta lo stato di esaurimento della poetica dell’avanguardia dopo il 1945. Il percorso cubista e costruttivista di Maxy si conclude con i dipinti socialisti della fine degli anni Quaranta e i pastiche dei tardi anni Sessanta. Dopo il 1945 Mattis-Teutsch, autore fino ad allora di emblematici lavori astratti, si indirizza su una forma di realismo esanime. Parallelamente, la quarta sezione presenta tre opere di ?uculescu per segnalare l’emergere di un nuovo linguaggio pittorico modernista che affonda le radici sia nelle sperimentazioni dell’avanguardia sia nella tradizione dell’arte nazionale. Benché potentemente oscura e drammatica, l’opera di ?uculescu, caratterizzata da un forte senso di libertà cromatica e dall’uso di simboli arcaici, è indicativa degli sviluppi dell’arte romena successivi al periodo del realismo socialista.
E’ interessante notare che alcune delle figure di spicco dell’avanguardia europea provenivano dalla Romania (Tzara, Segal, Brauner, Ianco, Mattis-Teutsch), ma la loro attività si svolgeva perlopiù all’estero e dunque la loro influenza sul mondo dell’arte rumeno fu più intensa nei periodi in cui tornarono in patria, soprattutto dopo il 1920. In Romania, pertanto, il movimento si sviluppò con un certo ritardo ma riuscì in ogni caso ad accelerare il processo di evoluzione sociale e culturale in direzione del modernismo.
Quest’ultimo, tuttavia, si era già fatto strada nella locale corrente tradizionalista, che rifiutava l’estetica morbida, acritica, consumistica e non sofisticata tipica dei primi modernisti. L’atteggiamento ostile, offensivo e rigido espresso dall’arte nazionalista rifletteva il modo aggressivo in cui l’avanguardia si era imposta sulla scena. Successivamente la produzione d’avanguardia fu in gran parte parallela alle opere che esprimevano il modernismo più conservatore, che aveva riconquistato posizioni alla fine degli anni Venti sotto le vesti di tendenze quali la nuova oggettività e il neo-simbolismo, caratterizzato da un afflato bizantino, religioso e persino nazionalista.
Inoltre, come sottolinea Erwin Kessler:
c’è però anche un elemento esterno che unisce tutti questi movimenti e tendenze diversi, dal simbolismo al costruttivismo, dal tradizionalismo al surrealismo e all’estetismo… Nonostante il conflitto ideologico e la loro vocazione rispettivamente provocatoria o convenzionale, i tanti modernismi, avanguardismi e tradizionalismi hanno una cifra comune: il trionfale uso del colore che rende possibile la proliferazione cerimoniale di opere e oggetti artistici di fattura eccelsa, soprattutto dipinti.
La compresenza e la contaminazione reciproca tra l’innovazione relativamente tardiva dell’avanguardia e il modernismo appassionatamente conservatore e tradizionalista dell’arte nazionale costituirono l’elemento di base dell’arte romena del periodo tra le due guerre mondiali e rappresentarono anche lo sfondo su cui dopo il 1945 si sarebbe registrata la chiusura estetica e la fusione con l’arte di propaganda del realismo socialista.
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