Lo sport ha valori alti di competizione sana, da sempre il fair play e il rispetto sui campi e in pista sono stati la priorità rispetto alla competizione. E questo ha dato vita, in alcuni casi, anche a gesti umani di solidarietà fra atleti, giocatori, grandi esempi per il pubblico e la società tutta.
Il fatto che il colore della pelle rappresenti per qualcuno il pretesto per portare sul campo ciò che allo sport non appartiene e di certo non appartiene nemmeno alla maggior parte degli italiani, è un fatto che non può passare inosservato. Bene ha fatto Muntari a sottolinearlo con l’affermazione di diritti che dovrebbero essere riconosciuti sempre e dovunque.
Non ci è sembrato, invece, un bell’esempio di civiltà e rispetto non censurare i cori consentendo alla partita di continuare malgrado la presa di posizione di Muntari: le regole vanno rispettate e a Cagliari le regole di convivenza civile sono state violate. In un Paese che si vuole definire davvero civile non può succedere che a pagare sia chi ha subito l’offesa, perché questo equivale a perdere due volte: la prima volta si è persa l’occasione di sospendere la partita e quindi di applicare le regole che consentono di dare ai cori razzisti la giusta condanna; la seconda occasione perduta è stata quella di restituire dignità a Muntari, che invece dal giudice sportivo ha ottenuto una squalifica, decisione che ancora una volta lo ha punito per aver fatto la cosa più civile che poteva, affermare i suoi diritti”.
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