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Il sit in degli archeologi

da Redazione

Archeoclub PescaraArcheoclub d’Italia condivide ed appoggia la campagna di protesta  degli archeologi nei confronti della riforma dell’organizzazione del MIBACT 

PESCARA – Archeoclub d’Italia condivide ed appoggia la campagna di protesta ed il sit in degli archeologi nei confronti della riforma dell’organizzazione del MIBACT che vede l’unificazione delle varie soprintendenze regionali.

Archeoclub d’Italia ha sempre auspicato questo nuovo assetto organizzativo che, però, per il modo schizofrenico con cui viene realizzato e senza una visione progettuale a medio e lungo termine, rischia di creare più danni rispetto ai vantaggi indiscutibili che ne potrebbero derivare.

Il dibattito sulla opportunità di soprintendenze specializzate e soprintendenza unica non è nuovo.

L’assetto tradizionale del Ministero, che si è sempre basato sul vecchio modulo organizzativo, sin dai tempi del Ministero per la Pubblica Istruzione, presentava la criticità di uffici che non dialogavano fra di loro, pur dovendosi interessare di beni culturali che spesso avrebbero dovuto coinvolgere più discipline e specializzazioni..

La realizzazione della soprintendenza unica è, quindi, senz’altro utile, se non necessaria.

Infatti, La visione unitaria di tutti i beni culturali, anche paesaggistici, favorisce spesso un approccio multiculturale e multifattoriale che, specie nella emissione dei nulla osta e delle autorizzazioni, se non negli interventi di restauro, permette di meglio intendere il valore dei beni e meglio raggiungere un risultato omogeneo.

Ovviamente questo modulo organizzativo ha le sue pecche.

In primo luogo il fatto che il soprintendente ben raramente è un esperto di tutte le tipologie di beni culturali e proviene da un cursus studiorum talvolta archeologico, talvolta architettonico, talvolta ambientalista, tanto da ingenerare il pericolo che, suo malgrado e in buona fede, privilegi uno dei tanti punti di vista che l’approccio multifattoriale richiede.

La riorganizzazione del Ministero, sotto questo profilo, pecca perché non costruisce luoghi e strumenti opportuni per assicurare che l’approccio sia realmente multifattoriale, senza prevaricazioni intellettuali. Soprattutto in una situazione della preparazione universitaria che ancora vede una separazione tra architetti, archeologi, storici dell’arte etc. e non una formazione unitaria di un “curatore di beni culturali”.

Probabilmente poiché nessuno può sapere tutto, è necessaria una organizzazione interna basata su gruppi di lavoro, confronti quotidiani, stanze di compensazione tra i diversi interessi culturali in gioco nella gestione concreta, che non è facile mettere in piedi soprattutto senza appesantire il lavoro della soprintendenza e rallentarlo, alla luce dellesempre più stringenti procedure di silenzio assenso o diniego (la Sicilia ne sa qualcosa inpiù del Continente). La figura del nuovo soprintendente unico, quindi, dovrebbe essere radicalmente diversa da quella cui siamo abituati. Un coordinatore, un facilitatore, un manager capace di conciliare opposte visioni ed esigenze, buon amministratore, giurista non eccelso ma consapevole dei problemi, e al contempo un uomo di grande e solida cultura. Occorre preparare questi uomini perché, allo stato, di questi non se ne vedono tanti. Occorre un tempo di rodaggio almeno di medio periodo perché la riforma stessa non sia gettata in pasto a funzionari di buone intenzioni ma non preparati alla nuova visione. Soprattutto un coordinamento della riforma con il mondo universitario per la identificazione di percorsi formativi ad hoc.

Nulla di tutto ciò è contenuto nel decreto, e in più questo è stato, al solito, creato nella mente dei così detti esperti del Ministero, a tavolino, da parte di persone che, molto spesso, in Soprintendenza non hanno mai messo piede avendo compiuto tutta la loro carriera nel Ministero.

Crediamo che questa sia la parte migliore e più proficua della protesta: imporre al ministero di considerare stakeholder anche i movimenti culturali, le associazioni, i volontari, tutti coloro, insomma, che ruotano a ben diritto intorno al mondo dei BBCC e che potrebbero svolgere una funzione, elaborativa e consultiva, molto proficua.

Il successo della manifestazione, quindi, serve non per protestare ad ogni costo in maniera cieca e occhiuta contro il nuovo, né per demolire ad ogni costo il decreto, ma per rivendicare, anche in questa fase, un ruolo di partecipazione al miglioramento della organizzazione che il Ministero ha fin qui pervicacemente negato.

Dobbiamo osservare, per incidens, che questa volta il Ministero non è nemmeno ricorso alla consulenza di  magistrati, avvocati e esperti esterni di BBCC o di organizzazione amministrativa, come era buon uso un tempo, ad esempio per la stessa stesura del Codice cui io stesso ho partecipato. La produzione del decreto è stata solipsistica e autoreferenziale.

E soprattutto contro ciò è opportuno protestare. E’ in questa ottica e con questa intenzione che Archeoclub d’Italia aderisce al sit in.

Archeoclub d’Italia, che annovera tra le sue fila veri esperti, avrà la possibilità di sedersi al tavolo forse con maggiore autorevolezza di altri anche usufruendo di una opportunità che tutte insieme le associazioni hanno creato.

Se riusciremo a sederci intorno a un tavolo, le ragioni della specializzazione e della mutlifattorialità potranno essere civilmente affrontate, e non è affatto scontato l’esito finale.

( L’ Archeoclub d’Italia a Pescara è in piazza Garibaldi 41/1  –  tel. 085/53306)

 

 

 

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