Sone e cante quande me pare: il 24 aprile la presentazione della silloge di Mara Seccia

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Nell’aula consiliare del Comune di Pescara saranno presenti Vito Moretti, Daniela D’Alimonte, l’editore Marco Solfanelli e l’Autrice

PESCARA – Venerdì prossimo 24 aprile alle 17:30 presso l’Aula consiliare del Comune di Pescara, in piazza Italia, ci sarà la presentazione del volume “Sone e cante quande me pare”, silloge poetica di Mara Seccia, Edizioni Tabula fati. La presentazione è affidata a Vito Moretti, Daniela D’Alimonte leggerà alcune liriche. Saranno presenti Mara Seccia e l’editore Marco Solfanelli. L’orizzonte dell’autrice è il paesaggio di una modernità problematica che insegue modelli di esclusione e di marginalità culturale e che tende ad azzerare le risorse del buonsenso, del dettato comune e dei giudizi più consolidati.

Il suo sguardo si appunta, infatti, sui paradossi, sulle incongruenze e sulle ambiguità di un mondo venuto ad imporre le proprie regole e i propri gusti a danno del genuino e dell’autentico, cioè di psicologie e di identità che – di generazione in generazione – hanno saputo assecondare con profitto il corso dell’esistenza e resistere senza smarrimenti ai contraccolpi della fortuna; una “modernità”, dunque, apparentemente circoscritta agli spazi della tecnologia e dei prodotti meccanici, ma che impegna, in realtà, e persino sequestra, le sfere più intime degli uomini, la misura della loro temperanza e della loro sobrietà, fino a generare crisi e traumi, stropicciature di spirito e sconcerti profondi.

Mara Seccia si fa perciò testimone di una comunità urbana (Pescara) che, via via, è divenuta altra nella vita e negli usi, nella psicologia e nella lingua, per il sopraggiungere di individui provenienti da altri ambienti e per il generarsi di frange e gruppi stimolati da altre vocazioni e da altre abitudini, com’è proprio di ogni habitat percorso da sollecitazioni per lo più commerciali e industriali. Sicché il mistilinguismo a cui la poetessa fa ricorso è la fotografia coerente e pregnante di quella stessa realtà e dei nuovi soggetti che vi operano, e, di costoro, ripropone dunque mimeticamente i pensieri, le voci, i detti e le pronunce. Si tratta di una lingua sui generis, che è anche il valore ultimo – e grande – della presente silloge.

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