“Secondo i racconti quella di ‘San Nicola’ era una delle feste più antiche e sentite nel Borgo, che è sopravvissuta sino alla fine del 1800 per poi spegnersi, anche in seguito alle vicende storiche che hanno segnato il paese – ha spiegato il presidente dell’Associazione Luciano Troiano -. Nel giorno di San Nicola tradizionalmente si sfornava il pane dai forni a mattoni del borgo, pagnotte, panetti per i bambini e taralli. Poi arrivava un frate dalla chiesa della Madonna dei Sette Dolori, del quartiere Colli, che benediva pane e olio e lanciava i panetti dalla finestra di una delle abitazioni al popolo sottostante.
I più anziani tagliavano il pane a metà e lo facevano ungere dalle donne, mentre per i bambini erano riservate anche le frittelle fatte solo con acqua e farina. Nei racconti, San Nicola era il santo che portava doni ai bambini, ma anche che proteggeva dalle carestie e dalla povertà, e c’era un menù preciso da seguire anche sulle tavole per onorare il santo, ovvero il 5 e il 6 dicembre si mangiavano solo fave lesse con olio a crudo e qualche foglia d’alloro e un pomodoro.
Il 7 dicembre, invece, vigilia dell’Immacolata Concezione, le nonne mettevano l’olio nelle ‘fersore’ poste sui treppiedi all’interno dei camini e iniziavano a fare i dolci tipici del Natale, come li caggiunitt’ e li turcinell’: i primi sono dei dolcetti fritti che contengono, secondo la ricetta più tradizionale, marmellata d’uva, preparata dur
L’Associazione Fontevecchia, mettendo insieme tutte le notizie raccolte tra i residenti del Borgo, ha deciso di riproporre la Festa, per consegnarla anche ai ricordi dei bambini e dei più giovani, che spesso ignorano l’esistenza di un San Nicola, confondendolo con il più ‘commerciale’ Santa Claus”.
Il programma della celebrazione ha rispettato tutti i dettagli imposti dalla tradizione: la Santa Messa seguita dalla processione dei pani e taralli benedetti portati sino all’altare esterno allestito in onore di San Nicola. Quindi è arrivato San Nicola, interpretato da un figurante, che con il suo pastorale, affacciato a una finestra, ha lanciato pani e taralli ai presenti nell’aia, riservando ai più piccoli il dono dei dolciumi. La serata si è conclusa con balli e canti della tradizione popolare, e i cibi della festa, ossia la Favata, caggiunitt, sgaiuzz’ e turcinill.
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