SPOLTORE – L’incontro con Mario Diracca, presidente dell’Associazione Nazionale Esuli Venezia Giulia Dalmazia, la sua testimonianza sulla vita a Fiume negli anni del fascismo e in quelli successivi, hanno concluso la settimana dedicata al ricordo delle vittime delle foibe organizzata dal circolo didattico di Spoltore. Nei giorni precedenti i bambini (dopo aver visto nel Giorno del Ricordo la fiction Rai Il Cuore nel Pozzo) sono stati invitati a riflettere sulla vicenda storica e a produrre elaborati grafici, testi poesie.
“Questa è una pagina di storia per troppo tempo tenuta da parte” ha ricordato il sindaco di Spoltore Luciano Di Lorito ai ragazzi, “frutto della peggior tragedia che possa capitare agli uomini: la guerra”. Di Lorito ha poi ricordato la presenza di una legge che ha quasi imposto di ricordare la tragedia delle Foibe ma “noi lo facciamo non per obbligo di legge, bensì per l’obbligo morale”. Il ricordo “non si deve fermare oggi, ma deve continuare nelle future generazioni”. Presenti anche l’ex amministratore del Comune di Pescara Nicola Ricotta, l’assessore all’istruzione Roberta Rullo, la direttrice del Circolo Didattico di Spoltore Nicoletta Paolini.
“Perché c’era odio contro gli italiani?” ha chiesto retoricamente Di Racca, subito dopo aver ringraziato la città di Spoltore dell’invito. “C’era più odio contro gli italiani che contro i tedeschi e i nazisti, perché si erano creati in precedenza focolai di odio, lotte tra le famiglie che sotto il fascismo non potevano in alcun modo accendersi. Con la caduta del fascismo vengono fuori in una forma delinquenziale”. In particolare un ricordo è stato dedicato a Norma Corsetto “una grande donna, una ragazza per bene, una studiosa” torturata e abbandonata ancora viva nelle foibe. “Parlare delle foibe in questo consesso non è molto idoneo, è una storia talmente spietata che non mi sento di entrare nei dettagli, noi giuliano dalmati, noi fiumani, noi italiani, abbiamo visto passare per le nostre strade centinaia di soldati sporchi, senza armi, senza scarpe, senza comandanti, e noi abbiamo fatto di tutto per aiutarli perché erano inseguiti da una parte dai partigiani, e dall’altra dai nazisti”. In quei giorni tristi, essere italiani voleva dire essere fascisti.
“Oggi il mondo è cambiato, in un clima di comprensione reciproca tante nazioni dell’ex Jugoslavia fanno e faranno parte dell’europa, e riconoscono anche se solo in parte gli errori del passato, e noi riconosciamo i grandi errori della nostra invasione. La verità non può e non deve essere infoibata, non dobbiamo dimenticare mai chi ha dato la vita per essere italiano”.
Un intervento è stato riservato anche a Donatella Bracali, vicepresidente provinciale dell’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia e consigliere del Comune di Zara in esilio: “Vi starete chiedendo, cosa fa un Comune in esilio?” Zara era una cittadina affacciata sul mare adriatico, lagunare come Venezia, di cui oggi è rimasto l’insediamento urbano (chiamato Zadar), ma non i suoi 25.000 abitanti. “I consiglieri di un comune in esilio hanno la funzione di amministrare un patrimonio più importante del territorio, quello del ricordo”. La docente Antonella Scordella, che insieme a Fulvia Di Biase ha curato gli incontri dedicati alla tragedia dell’esodo ha ricordato prima di lasciare spazio alle recite dei bambini che “non ci può essere giustizia senza memoria”.