Ieri la presentazione dell’ultimo libro dell’ex presidente della Camera;il dibattito-intervista è stato coordinato dal giornalista de l’Espresso Primo Di Nicola
SPOLTORE (PESCARA) – Si è svolta ieri, presso l’Osteria La Corte a Spoltore ,la Conferenza stampa convocata per presentare il libro “Il Ventennio – Io, Berlusconi e la destra tradita” di Gianfranco Fini,che ha esordito: “Contrariamente a quello che qualcuno pensa non ho smesso di fare politica, ma ho smesso di essere in Parlamento per volere degli elettori. Ma già presentare questo libro rappresenta un fatto politico”.L’ex presidente della Camera ospite del fondatore della Fondazione Montecristo Daniele Toto, coordinatore nazionale di Fli, illustra per la prima volta in Abruzzo i contenuti del suo ultimo volume, appena uscito in libreria ed edito da Rizzoli. Gianfranco Fini, intervistato dal giornalista Primo Di Nicola (L’Espresso) rompe il silenzio per raccontare le verità scomode della politica nazionale e i retroscena del rapporto conflittuale con Silvio Berlusconi. L’Autore traccia un bilancio della storia politica italiana dal 1993 ad oggi, analizzando il cosiddetto “ventennio” della Seconda Repubblica.Un’analisi lucida, che inizia dalla candidatura alle comunali di Roma e termina con il repentino strappo con Silvio Berlusconi, culminato nella famosa espressione: “Che fai, mi cacci?”, urlata durante un’affollatissima riunione del Pdl. Gianfranco Fini non rinnega il suo passato e le sue scelte politiche, ma alla luce della sua rottura con il Pdl analizza la sua esperienza politica sotto un’altra luce e getta nuove basi per il futuro della destra italiana. “In Parlamento ci sono stato per trent’anni”, ha detto passando in rassegna la sua esperienza da vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Ministro degli affari esteri e Presidente della Camera dei deputati, “la mia non è una nostalgia dei tempi andati, perché non ha senso avere nostalgia di ciò che è stato. Ma occorre interrogarci sul futuro della politica. Rispetto alle aspettative che nutrivamo, il bilancio non è stato all’altezza. Non ho rimpianti sulla nascita del Pdl, continuo a pensare che è stata una scelta giusta. L’errore più grande, invece, è stato non accorgermi prima della natura di Silvio Berlusconi. Se tornassi indietro rifarei esattamente le stesse cose, con tutte le conseguenze del caso”.
Gianfranco Fini non rinnega il suo passato: “Sono stato tra quelli che hanno votato il porcellum”, dice, “non potevo tirarmi indietro, gli italiani non avrebbero capito”. Alla domanda di Primo Di Nicola sulla volontà di mantenere in vita “questo governo traballante dalle larghe intese”, Fini risponde: “Nel Governo di larghe intese Pd e Pdl governano insieme, ma il primo corto circuito si è già verificato il primo agosto, giorno della condanna di Silvio Berlusconi. Sono sicuro che se tra un mese o due si dovesse tornare al Colle per chiedere nuove elezioni, allora il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si dimetterebbe perché non consentirebbe mai una nuova tornata elettorale con questa legge”.
Gianfranco Fini ne ha per tutti: non condivide la scelta di Storace di una rinascita di An “che ha fatto il suo corso”. A margine del dibattito, alla domanda dei giornalisti sull’operato della giunta abruzzese guidata dal Presidente Gianni Chiodi, l’ex presidente della Camera commenta: “Non è mia abitudine valutare l’operato di chi non posso valutare giorno per giorno, nel senso che devono essere gli abruzzesi a esprimersi. Ma al di là dell’esperienza Chiodi, l’Abruzzo negli ultimi 15-20 anni ha fatto un poderoso salto in avanti e da ultima regione del Meridione è diventata competitiva con le altre regioni più sviluppate e avanzate del resto d’Italia”.
Pescara, 8 novembre 2013