L’AQUILA – Le Associazioni Comitato TerrA – Territori Attivi,Collettivo AltreMenti Valle Peligna e Comitati Cittadini per l’Ambiente intervengono con la seguente nota sul taglio di numerosi alberi su entrambe le sponde del fiume Aterno.
L’Abruzzo Regione dei Parchi, l’Abruzzo cuore verde d’Europa, è ormai chiaramente sotto attacco. Il patrimonio ambientale di un territorio che vanta una tra le più alte percentuali di Biodiversità in Europa è seriamente minacciato da rinnovati (o mai sopiti) appetiti di sfruttamento diffuso e irrazionale delle risorse naturali. L’Abruzzo vanta anche la più grande superficie di foreste vetuste d’Italia, è la regione con piu wilderness d’Italia e di conseguenza la regione con più superficie protetta d’Italia. Questo in teoria.
Nei giorni scorsi, nel territorio di Molina Aterno (AQ), è stato compiuto l’ultimo di una serie di delitti ambientali: il taglio di numerosi alberi ad alto fusto, per lo più perfettamente sani, su entrambe le sponde del fiume Aterno. I lavori sono stati sospesi al momento. L’intervento è stato giustificato dall’emergenza che si verrebbe a creare da eventuali pericoli riguardanti gli alberi (presenti da decenni) per la pubblica incolumità. Questi tagli, sono gli ultimi di una lunga serie che sta depauperando il territorio abruzzese, sotto varie scusanti che di volta in volta vengono manifestate ad hoc. Insomma una pratica che è diventata ormai una triste consuetudine nell’Abruzzo interno e sulla quale bisognerà fare maggiore chiarezza.
Certi comportamenti, certe coincidenze, non possono che alimentare il sospetto che, con la scusa dell’incolumità e della somma urgenza, si aprano le porte a interessi privatistici senza verifiche o autorizzazioni.
Perché? E’ proprio necessario tagliare tutti gli alberi presenti, anzichè solo quei pochissimi che possano presentare qualche segno evidente di carie? Dov’è il pericolo quando gli alberi sono sani? Perchè eliminare anche arbusti ed erbe? Perchè non si procede a delle precise analisi sulla stabilità degli alberi, analisi che i tecnici forestali conoscono bene, anzichè dar spazio all’opinione di qualcuno che non è del mestiere? Dov’è la somma urgenza quando quegli alberi sono lì da parecchi decenni? Perchè, se pericolo c’è di caduta dei rami, non si procede a potature mirate e leggere piuttosto che tagliare grandi alberi?
I fatti di Molina risultano gravi in quanto il taglio è stato effettuato lungo un tratto del Fiume Aterno doppiamente protetto dalle leggi.
Il luogo ricade infatti nel Parco Naturale Regionale e nella Zona di Protezione Speciale “Sirente-Velino”, nel Sito di Importanza Comunitaria “Gole di San Venanzio” e in uno dei luoghi paesaggisticamente più suggestivi della Regione. L’intervento attuato ha, per il tratto interessato, distrutto completamente il delicato ecosistema che insiste lungo gli argini fluviali.
L’aver effettuato un tale taglio (raso, eliminando anche le specie erbacee ed arbustive), l’aver messo a nudo il suolo e l’aver movimentato la terra degli argini stessi con il transito di mezzi meccanici, in pieno inverno, mette a serio repentaglio l’intera stabilità idrogeologica dell’argine, esponendo ad enormi rischi sia la ferrovia che la strada statale, il tutto in una zona notoriamente alluvionale come quella di Molina. Si è cioè trasformato, in un certo qual modo, l’ecosistema fiume, in un canale.
Ci sarebbe inoltre da verificare se alcuni di quegli alberi tagliati, quelli di maggiori dimensioni, possano essere classificati come alberi monumentali. I comuni infatti dovrebbero provvedere al loro censimento, come previsto dal DM 23.10.2014 che ne sancisce la tutela, tuttavia tale norma per la maggior parte del nostro territorio è rimasta inadempiuta, sulla carta.
A questo punto ci si pongono diversi interrogativi.
Chi aveva il compito di impedire un tale scempio? Che senso ha parlare di Aree Protette quando queste non riescono a proteggere i propri valori ed i propri ecosistemi? Il non vigilare adeguatamente nel territorio che si è chiamati a proteggere non è un delitto tanto quanto l’atto stesso (culpa in vigilando)? Quale futuro si prefigura per l’Abruzzo se è ormai evidente come chiunque possa agire, de facto pressoché impunemente, a danno del patrimonio ambientale, in barba alle norme vigenti ed alle belle parole di cui ci si riempie la bocca quando si promuove, al di fuori del nostro territorio, la meravigliosa natura in Abruzzo? Quale è anche il ruolo dei Comuni, e altre amministrazioni locali, nel permettere o impedire tali disastri ambientali? Chi agisce è forse consapevole di farla franca grazie a coperture istituzionali o a semplice ignavia amministrativa?
E per restare un po’ più pragmatici, poniamoci un’ultima interessante domanda:
Cosa ne sarà di quel prezioso carico di legname così accuratamente diviso in due tipi di cataste, per pezzature e tipo di legname? Come evidenziato dalle foto allegate, i pioppi giacciono in cataste di tronchi lunghi, come si fa quando si vuole ottenerne tavolame e legname da opera. Le altre specie sono in cataste di ciocchi piu piccoli, come si fa per la legna da ardere. Andranno smaltiti arricchendo gli interessi di qualcuno, oppure andranno smaltiti come rifiuto speciale? Oppure dopo le attenzioni scatenate del caso, verranno lasciati marcire sul posto? Ad ogni modo, sempre con costi e danni ambientali le cui conseguenze ricadranno sulla collettività.
Ci sembra illusorio anche il pensare di poter riparare il danno, ripristinando lo stato di fatto antecedente all’intervento. Il tutto è andato perduto, poiché non sarà possibile ripiantare quegli alberi come nulla fosse accaduto. Il danno ambientale non è mai recuperabile, tanto più in questo caso che vede vittime piante vetuste, pressoché secolari. Semmai, una situazione analoga si potrà riavere solo tra parecchie decine di anni, sempre ammesso che non arrivi qualcun altro nel frattempo a tagliare. Sempre se la situazione idrogeologica non degeneri con erosioni e frane. Una magra consolazione viene dal fatto che si tratta di ambienti ad elevata resilienza, che nel giro di pochi anni potrebbero riavere almeno un abbozzo di boscaglia ripariale, sempre che si lasci fare alla natura senza manomettere pesantemente e senza spendere inutili risorse.
Infine, non possiamo che auspicare un pronto intervento della magistratura, che ovviamente non potrà riposizionare con lo stesso assetto la vegetazione distrutta, nè ripristinare la funzionalità degli argini, nè tantomeno risarcire l’ecosistema fluviale così impunemente devastato. Sperando che esso contribuisca ad evidenziare le responsabilità e/o le mancanze di quanto è accaduto, a sensibilizzare maggiormente i cittadini, gli enti locali e i gestori delle aree protette del nostro territorio, in modo da poter impedire nel futuro eventuali nuovi atti di forza a danni del nostro tesoro più prezioso: l’Ambiente naturale.
Nella foto l’argine come era (in fondo) e come è stato ridotto (in primo piano). Evidenziate le cataste di legna di pioppo accuratamente messe da parte.