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“Stars at dawn”, il debutto discografico di Alessandro Angelone

da Piero Vittoria

Alessandro Angelone

La presentazione ufficiale avverrà alla Mondadori di Pescara il 5 aprile, giorno di uscita dell’album del giovane chitarrista pescarese

PESCARA – Il 5 aprile esce per Music Force “Stars at dawn”, primo disco del giovanissimo chitarrista pescarese Alessandro Angelone, classe 2002: sarà presentato con uno showcase presso la Mondadori di Pescara (Via Milano, 74/76) lo stesso giorno alle ore 18.00.

“Stars at Dawn” è un lavoro nel quale le atmosfere acustiche ed il Fingestyle in particolare sono grandi protagonisti. Le undici tracce strumentali (una intro, otto inediti e due strepitose cover di Michael Jackson) esaltano lo stile chitarristico di Alessandro Angelone del quale sentiremo molto parlare. Il giovane ha sicuramente la stoffa giusta per ricavarsi un posto al sole fra i musicisti contemporanei, anche se lui stesso ama definirsi compositore e non musicista. Fra i brani del disco si segnalano “The Key”, “Dreams”, “Night” e la title track che lo chiude idealmente. “Stars at Dawn” è un disco per molti versi coraggioso .

Questo è un lavoro integralmente strumentale e nelle tracce che lo compongono il suo autore ha dimostrato di avere un grande talento, un’innata passione per la musica e un pizzico di audacia che non basta mai anche quando ci si avvicina anche a dei capolavori immortali come “You are not alone” e “Love never felt so good” del Re del Pop Michael Jackson, ma lo si fa anche con la voglia di metterci dentro quel qualcosa di proprio che ne va poi ad arricchire la bellezza.

Abbiamo intervistato Alessandro Angelone che ci ha parlato di questo suo debutto e di come intenderà portarlo anche dal vivo.

cover album Alessandro Angelone

 Perché hai scelto un titolo come “Stars at Dawn” per il tuo disco?

“L’ho scelto perché tratta ciò che era questo disco per me: “Stars at Dawn” indica infatti le stelle durante l’alba che però non si vedono nella realtà. È un fattore che può essere trasposto proprio in un disco dove ci sono tante cose che non si vedono, ma sono presenti lo stesso, magari cambiando da persona a persona. Parlando ad esempio di me, ci sono dentro tanti pezzi del mio passato. È un titolo dunque metaforico”.

“Stars at Dawn” è composto da una intro, otto pezzi inediti e due cover: come hai deciso che la tracklist sarebbe stata proprio questa?

“All’inizio ho pensato di seguire un ordine cronologico nella stesura dei brani, poi ho fatto qualche modifica pensando a chi avrebbe ascoltato il disco per renderlo più piacevole. Ho deciso di mettere i pezzi che ritengo più efficaci verso la fine”.

“The key”, “Dreams” e “Night” sono, a mio giudizio, gli episodi migliori del disco: come sono nati?

“ “The key” è stato il primo brano che ho composto, risale a circa due anni fa. Era un periodo un po’ confusionario: “The Key” è la chiave di quel periodo perché dalla musica ho cercato qualche risposta.

“Dreams” e “Night” sono più recenti e riguardano la sfera della serata e della notte nella loro profondità”.

Ci sono poi due cover di brani del Re del Pop Michael Jackson, “You are not alone” e “Lover never felt so good”, che sono, nella loro versione originale, completamente diverse come atmosfere e qui sono proposte riarrangiate in versione acustica nel tuo stile.

“Le ho riarrangiate fidandomi molto del Fingerstyle, la chiave principale. Sono pezzi che ho ascoltato tantissimo nella mia vita. Sin da bambino ho sempre avuto un disco di Michael Jackson fra le mani, sono un suo grande fan. Ho cercato di inserire delle piccole parti mie dentro i due brani senza voler andare ovviamente a toccare la bellezza delle versioni originali”.

 “Stars at Dawn” chiude idealmente il disco e ne è anche la title track. Come è nata?

“È il pezzo che è il più rappresentativo perché si rifà a delle sonorità che avevo già incontrato in un disco che “Dark before Dawn” dei Breaking Benjamin, una band alternative metal statunitense. Sono molto aperto musicalmente e quei suoni mi hanno sempre stimolato nella mia crescita musicale”.

Se dovessi definirti come musicista?

“Non mi piace definirmi musicista, ma compositore: mi sento più addosso questa definizione piuttosto che quella di musicista. Gli artisti ai quali mi ispiro maggiormente sono Tommy Emmanuel, un autentico maestro del genere: il mio brano preferito di chitarra acustico è il suo “Those who wait” .

Per quanto riguarda altri artisti ovviamente cito Michael Jackson. Un altro chitarrista che mi piace tantissimo è Sungha Jung, un coreano che ha sfondato sul web: a nove anni mandò su YouTube un video da fenomeno e da allora è cresciuto con tanta costanza. Mi ispiro a lui per la sua precisione”.

“Stars at Dawn” è un disco coraggioso da mandare sul mercato e va anche dato atto a Music Force di aver creduto tanto nel progetto. Quanto ti inorgoglisce il fatto di averlo pubblicato e come e dove lo proporrai live?

“Devo ancora scoprire il mondo dei live al meglio: ho fatto già qualche concerto con l’accademia, ma ancora non da solo. Questo disco mi rappresenta in tutto e per tutto e lo voglio far conoscere agli amici e crearmi un mio pubblico. È un album piuttosto riflessivo e ne sono molto soddisfatto. C’è sempre molto da migliorare, in particolar modo in fase di registrazione si può fare ancora di più: tutto è stato inciso in presa diretta, aver commesso certi piccoli errori nelle esecuzioni dei brani mi rappresenta in quel preciso momento e perciò non ho voluto toglierli”.

C’è un brano del disco che ti rappresenta meglio?

“È senza ombra di dubbio “Certainties (Studio 1)”. La prima volta che l’ho fatto ascoltare al mio maestro mi ha detto che non è un vero e proprio brano, è meglio definirlo studio perché non c’è una linea melodica che lo contraddistingue. Io, essendo nuovo nella composizione, sono rimasto stupito da questo ed ho capito che la mia musica si basa tanto sull’armonia. Ogni volta che ascolto “Certainties (Studio 1) mi fa emozionare più degli altri”.

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