La lettera del Santo Padre, sulla cura della casa comune, incomincia con una “Laudatio” alla nostra madre Terra, tratta dal Cantico delle Creature. Quale migliore inizio per introdurre una storia che affonda le radici nel XII secolo, prosegue in quello successivo ed estende i suoi insegnamenti fino ai nostri giorni. Una storia ambientata in un paesaggio che ha come sfondo i monti dell’Appennino centrale e ha come protagonisti i santi Francesco e Franco. Proprio tra la seconda e terza decade del XIII, la vicenda terrena dei due religiosi sembrò quasi incrociarsi. Tommaso da Celano documenta per ben due volte (tra il 1215 e il 1222) la presenza in terra d’Abruzzo del poverello d’Assisi, proprio nel tempo in cui la vita dell’eremita abruzzese volgeva al tramonto.
Un’esistenza, la sua, vissuta ai margini della civiltà agropastorale tipica di quel paesaggio alpestre. Ne conobbe le genti, imparò a vivere di ciò che quei monti gli offrivano e affrontò, con rispetto, le insidie che tale ambiente, ostico ma non ostile, gli riservò. All’inizio del suo cammino, il giovane Franco scelse di allontanarsi dal luogo in cui crebbe e, dopo vent’anni di vita conventuale, decise di lasciare il monastero di San Giovanni in Collimento. Con la ripresa dell’industria armentaria quei luoghi stavano cambiando radicalmente. Le selve, che allora, dopo secoli, iniziarono ad arretrare per far posto ai coltivi e ai pascoli, oggi assaporano l’acre “piacere” della rivincita. Agevolata da una schiacciante burocrazia che contribuisce a rallentare la ricostruzione delle frazioni dell’aquilano, la natura ha pian piano ripreso il suo cammino, fagocitando il cuore del paese natio, Roio Piano. Si è riappropriata della sua casa, del suo piccolo mondo che tempo addietro non ebbero l’ardire di trattenerlo. La pace interiore e la ricerca di Dio, “Franco” dovette cercarle altrove: nelle Alpi Sabine, dove la natura era ancora incontaminata. La chiesa di Santa Maria Assunta fu il suo punto di riferimento spirituale, gli abitanti di Assergi e delle valli del Teramano furono i suoi più conviti devoti e il Gran Sasso divenne la sua dimora.
A cura di Fulgenzio Ciccozzi
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