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Tino Di Cicco presenta “Avrei dovuto amare di più” venerdì a Pescara

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PESCARA – Venerdì 17 Novembre alle 18.00, presso la libreria “I luoghi dell’anima”, in via Campobasso 14 a Pescara, sarà presentato il nuovo libro di poesia di Tino Di Cicco “Avrei dovuto amare di più”, edito da Edizioni Mondo Nuovo nella collana Liminaria diretta da Massimo Pamio e Barbara Giuliani. Interverranno: l’Autore che converserà con Massimo Pamio e l’editore. Saranno recitati i testi da Patrizia Perilli, Anna Colaiacovo, Roberta Marcheggiani e Giuseppe Pomponio. L’incontro sarà aperto dal sax di Piero Delle Monache.

Tino Di Cicco, scrittore, filosofo, nato a San Giovanni Valle Roveto ( AQ ) vive a Pescara. Tra i maggiori pensatori italiani, ha al suo attivo numerosissime pubblicazioni:

In principio era il caos (Rebellato, Venezia, 1977);
La crisi veniale ( Bastogi, Foggia, 1983) ;
Un altro tempo (Vecchio Faggio, Chieti, 1988);
Wender Stasse (Tracce, Pescara, 1994) ;
I Castelli del tempo (Tracce, Pescara, 1998);
Il tempo pieno e il nulla (Moretti & Vitali, Bergamo, 2006);
La volontà docile (Edizioni Feeria, Firenze, 2010).
Le stagioni e l’azzurro ( youcanprint, Tricase, 2013);
Quasi amore (ed. Feeria, Firenze, 2014);
Senza mentire. Pensieri sul limite tra S. Weil e F. Holderlin
( Noubs, Chieti, 2014).

Si tratta della seconda uscita di una nuova casa editrice che, come annuncia il nome stesso, si interessa di nuove modalità del sentire spirituale e scientifico, con un’apertura verso le prospettive e gli scenari futuri del contesto sociale. La casa editrice si presenta con un’impostazione grafica di tutto rilievo, originale e suggestiva, come è documentato dalla copertina del libro, in cui nella parte centrale si riporta un ovale contenente un dipinto di Botticelli. Il dorso del libro reca un’intestazione unica e colorata, con doppie barre.

“Avrei dovuto amare di più” è una raccolta poetica dove l’autore dà voce al suo pensiero più profondo: l’amore. L’amore è libertà ed è forza guaritrice del cuore. Da esso nascono il perdono, l’umiltà, la giustizia, la carità, la generosità. Nel libro si avverte una nobile connessione, di pura spiritualità, che lega una poesia all’altra, e questo filo conduttore si unisce ad esperienze di vita spesso elevate. Tutto ciò porta il libro a vivere di luce propria, ad avere un pathos che si fa sempre più intenso verso la fine, tra commozione e preghiera, tra grazia e giustizia, provando a rendere quello che immaginiamo in qualcosa di più grande che spesso vediamo ma non ascoltiamo.

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