Strane creature protese verso il mare, i trabocchi sono testimoni di un’antica civiltà legata alla pesca e al mare: alla scoperta del trabocco in Abruzzo
Queste ataviche palafitte, disseminate lungo il litorale abruzzese, pare siano state messe lì per caso, ancorate agli scogli silenziose vedette e fedeli guardiani della nostra costa. Un tempo vi abitavano le famiglie dei pescatori più poveri della zona. Queste piattaforme assicuravano alla gente di mare stabilità in quanto vi si poteva pescare senza allontanarsi dalla costa. Descritti, dipinti, fotografati i trabocchi sono stati celebrati da molti artisti con suggestivo lirismo.
Anche il vate in una pagina del Trionfo della morte” così scriveva nel periodo in cui soggiornava con Barbara Leoni nel suo rifugio lungo la costa: “La grande macchina pescatoria composta di tronchi intrecciati, di assi e di gomene biancheggiava simile allo scheletro colossale di un anfibio antidiluviano…. pareva vivere di una vita propria avere un’aria e un’effigie di corpo animato. Il legno esposto per anni ed anni al sole, alla pioggia, alla raffica mostrava la sua fibra .. si sfaldava si consumava , si faceva candido come una tibia o lucido come l’argento o grigiastro come la selce… acquistava un’impronta distinta come quella d’una persona su cui la vecchiaia e la sofferenza avessero compiuto la loro opera crudele”.
ETIMOLOGIA
Varie sono le accezioni di significato attribuiti a questo termine a seconda delle aree geografiche in cui la macchina è insediata, Il termine trabocco è stato di fatto italianizzato e proviene dal dialetto ‘travocche’, forse derivante dal latino ‘trabs’: legno, albero, casa. Per qualcuno la parola potrebbe derivare dal ‘trabocchetto’ che si tende al pesce, per altri dalla tecnica di conficcare i pali tra gli scogli, ‘tra i buchi’, oppure ancora dal cosiddetto ‘trabiccolo’ usato nei frantoi per spremere le olive, molto simile all’argano che è situato sul trabocco.
LA STRUTTURA
Il trabocco o travocco è un’imponente costruzione realizzata in legno di pino d’Aleppo tipico delle zone del medio Adriatico , modellabile, capace di resistere alla salsedine e alle forti raffiche di maestrale che battono l’Adriatico . Consta di una piattaforma protesa sul mare ancorata alla roccia da grossi tronchi dalla quale si allungano, sospesi a qualche metro dall’acqua, due o più lunghi bracci, detti antenne, che sostengono un’enorme rete a maglie strette: la“bilancia”. La diversa caratterizzazione della linea costiera ha definito la distinzione di diverse tipologie : quella abruzzese che si distingue appunto per esser posizionata trasversalmente rispetto alla costa cui è collegata da passerelle: quella garganica costruita a filo costa con piattaforma disposta longitudinalmente; e quelle che della zona di Latina detti «bilancioni»: piccole macchine dedite alla pesca e infine le cosiddette « padelle», una sorta di sbarramento mobile impiegato nei cordoni di dune lungo il litorale di Ravenna fin dal XIV.
SISTEMA DI PESCA
La tecnica di pesca è a vista e consiste nell’intercettare, con le grandi reti a trama fitta, i flussi di pesci che si spostano lungo gli anfratti della costa . Occorre una grande perizia da parte del traboccante che è un artigiano di grande ingegno; questi posiziona i trabocchi là dove il mare presenta una profondità adeguata di almeno 6m a ridosso di punte rocciose orientate in genere verso Sud Est o Nord Ovest , in modo da poter sfruttare favorevolmente le correnti. La rete a bilancia, viene calata in acqua grazie ad un complesso sistema di argani e poi prontamente tirata su per recuperare il pescato. Ad almeno due traboccanti è affidato il duro compito di azionare gli argani preposti alla manovra della gigantesca rete.. Sul trabucco operano in norma quattro uomini che si dividono i compiti di avvistamento del pesce e di manovra.
LA STORIA
Nessuno può stabilire con esattezza l’epoca in cui sono stati “poggiati” sul mare. La loro origine si perde nella notte dei tempi. Si può solo supporre che la loro invenzione sia stata originata dalla paura che l’uomo provava, una volta, nell’avventurarsi , per la pesca , in mare aperto : era più comodo e più sicuro, “pescare da fermo”, da una piattaforma stabile, collegata alla terra ferma da una passerella in legno.
Ma da quando i Trabocchi sono apparsi sulle coste abruzzesi?
Secondo alcuni storici il trabocco sarebbe un’invenzione importata dai Fenici. Ma i primi e più antichi documenti che ci parlano dei “trabocchi” della nostra zona sono stati reperiti da padre Stefano Tiraboschi dell’Ordine Celestiniano che nel manoscritto “ Vita Sanctissimi Petri Celestini” (Pietro da Morrone), conservato presso la Biblioteca Marciana di Venezia, parlando della permanenza di Pietro da Morrone nel Monastero di San Giovanni in Venere (1240-1243), racconta che Pietro usciva spesso dall’Abbazia di Fossacesia e, dal colle “Belvedere”, ammirava il mare sottostante “punteggiato di trabocchi”. Si deduce pertanto che nel 1240, l’anno di inizio del corso di studi frequentato da Pietro da Morrone, i trabocchi già esistevano. Stefano Tiraboschi sempre nel suo manoscritto riferisce anche una testimonianza di Pietro di Angelerio, nato nel 1215 a S. Angelo nel Molise: “La grande distesa del mare mi sembrò meravigliosa, come quando, da bambino, accompagnavo i parenti ai pascoli bassi, verso la marina di Vasto. Ma ora, più che il mare calmo che luccicava sotto il sole della tarda mattina, punteggiato dai trabocchi posti come vedette verso il confine del cielo, mi colpiva la grande Badia. Era la cosa più bella che avessi mai visto”.
Alcuni studiosi delle tradizioni locali invece preferiscono collocare in epoche più recenti la nascita dei trabocchi. Documenti dell’ esistenza di queste strutture ,risalenti al XVIII secolo, sono stati reperiti anche lungo la costa garganica, allora scarsamente popolata, dove i pescatori locali dovevano ingegnarsi per ideare una tecnica di pesca che non fosse condizionata dalle condizioni meteo-marine della zona.
Ma un accurato lavoro di ricerca è stato compiuto anche da Pietro Cupido e si basa essenzialmente su fonti orali e testimonianze che l’autore ha raccolto direttamente dagli ultimi grandi traboccanti e gli ultimi grandi marinai e, avendo praticato anch’ egli mestieri sul mare, sin dall’infanzia, ha avvertito poi il bisogno di riferire quanto ha via via appreso dalla gente di mare . Secondo le ricerche compiute da Cupido nel 1627 in questi luoghi si abbattè un terribile sisma che generò onde di maremoto gigantesche tra il fiume Fortore e Pescara, tanto che in un solo giorno morirono 17.000 persone su un comprensorio già scarsamente popolato. Si ebbero di conseguenza, in questi luoghi, delle immigrazioni dalla Francia. Giunsero diverse famiglie tra i cui componenti vi erano abilissimi artigiani: fornaciai, metallurgisti, muratori, falegnami, esperti fabbri ferrai e i ‘puntuaroli’ addetti ai guadi dei fiumi. Ed è proprio grazie alle capacità e all’ esperienza di queste comunità, insediatesi tra San Vito e Rocca San Giovanni intorno al 1630, che sono sorti i primi esemplari di Trabocchi che vennero eretti dagli abitanti della zona probabilmente spinti da immediate necessità di nutrirsi.
La struttura del trabocco col tempo cambia, diventa più leggera, più agile e i componenti più esili. I trabocchi, a partire dall’immediato dopo guerra, hanno subìto un progressivo abbandono dovuto al disuso delle strutture ed a una conseguente perdita di conoscenze di manutenzione. I sistemi di pesca attuali lo hanno fatto passare nel dimenticatoio, abbandonando al degrado queste sentinelle protese nel mare. L’inversione di rotta si è avuta una decina di anni fa grazie ad una rinata attenzione verso il turismo ecologico e rispettoso della natura: e il Trabocco è diventato un simbolo da proteggere ed un’attrazione turistica.
I TRABOCCHI OGGI
È nata così la “Costa dei Trabocchi”, entità formata dai comuni del litorale della provincia di Chieti, il cui scopo è tutelare le particolarità del territorio.
La “Costa dei Trabocchi” corrisponde al tratto di litorale Adriatico della provincia di Chieti che va da Francavilla a San Salvo. La zona più a nord della Costa dei Trabocchi si snoda a partire da Francavilla al Mare ed è costituita da una lunga striscia di sabbia dorata in cui si alternano piccoli tratti di spiaggia libera e calette rocciose . Da Francavilla il litorale prosegue lungo e dritto fino ad arrivare alle prime increspature del paesaggio costiero con i promontori di Torre Mucchia, Punta Ferruccio, Punta Lunga e Ripari di Giobbe. Si prosegue passando per Ortona con direzione sud giungendo a San Vito Chietino: il ‘paese delle ginestre’ dove Gabriele D’Annunzio, nel silenzio del suo rifugio: l’eremo dannunziano scrisse le più belle pagine del Trionfo della Morte. Proprio in questo tratto si possono ammirare spiagge ciottolose e insenature naturali dalle limpide acque.
Più a sud, poco distante, c’è Fossacesia Marina, dominata dall’imponente abbazia di San Giovanni in Venere e poi ancora piccole insenature pittoresche e spiagge di sabbia dorata. Proseguendo a sud: le spiagge di Casalbordino, Villa Alfonsina, Punta Penna e infine la “perla” della Costa : la riserva naturale di Punta Aderci. In essa crescono varie forme di vita vegetale, tra cui la bellissima Ginestra, e volteggiano Gabbiani, Falchi, e Poiane. Nei fondali è possibile trovare molte forme di vita, come Occhiate, Saraghi, Triglie di scoglio, , Cefali, Pomodori e Ricci di mare e praterie di Posidonia, oltre a numerose altre forme di vita di flora marina.
DOVE AMMIRARE I TRABOCCHI
Presenti in diverse zone della nostra costa si concentrano nel litorale teatino nel tratto che va da Punta Acquabella nel comune di Ortona fino a Vasto . Eccone alcuni: Trabocco Fosso Canale a San Vito Marina ; Trabocco Punta Cavalluccio , Punta Isolata e Punta Tufano a Rocca San Giovanni ; Trabocco Punta Palombo e Punta Rocciosa a Fossacesia . Questi sono tutti travocchi di scoglio, tuttavia vi sono anche i Travocchi di molo nei porti di Pescara , San Vito e Vasto. Tracce di trabocco di fiume rimangono lungo il Pescara e alla foce del Sangro.
Queste fragili zattere aeree aggrappate a spuntoni di roccia sospese tra cielo e mare , figure lignee in bilico sulle acque hanno sempre suscitato intense suggestioni in quanti hanno il privilegio di ammirarli. Uomo e natura hanno creato queste costruzioni solitarie che costituiscono un patrimonio naturale e ambientale frutto di esperienze millenarie di un mondo che è riuscito a sopravvivere.
Ricostruzione storiografica di Elisabetta Mancinelli. I documenti sono tratti dall’Archivio di Stato di Chieti e Pescara, da “Macchine da pesca della costa” di Pignatelli, e “Trabocchi, traboccanti e briganti” di Pietro Cupido Le immagini sono tratte dal patrimonio fotografico di Tonino Tucci che ne autorizza la pubblicazione.