ABRUZZO – I risultati di crescita ed occupazionali del 2015 in Abruzzo si confermeranno molto modesti nonostante il contesto esterno favorevole, mondiale e nazionale, oggi parzialmente rimesso in discussione.
La stima di una crescita del PIL nazionale tra +0,7 e +0,8 verrà corretta al ribasso dopo il dato debolissimo del quarto trimestre 2015. Ne risentirà probabilmente anche l’Abruzzo, la cui crescita era già stimata inferiore a quella nazionale (+0,3). L’Abruzzo era inoltre reduce dalle scoppole prese nel 2013 (-3,1) e nel 2014 (-1,7), ben maggiori di quelle subite a livello nazionale (-1,7 nel 2013 e -0,4 nel 2014). Insomma, l’Abruzzo perde di più quando si perde e guadagna di meno quando si vince. Il tutto rispetto a un dato nazionale che è la metà di quello europeo e fatica a schiodarsi dallo zerovirgola.
La decontribuzione piena per le nuove assunzioni a tempo indeterminato è finita al 31 dicembre, è costata molto e ha prodotto relativamente poco. In Abruzzo, nel 2015 l’occupazione cresce di 3.000 unità: poche a fronte dell’erosione dei 500mila occupati pre-crisi, caduti a 476mila nel 2014 e a 479mila nel 2015. La perdita occupazionale subita con la crisi è diventata strutturale, non si riesce a riassorbirla.
Se poi esaminiamo gli aspetti qualitativi dell’occupazione, vediamo che scendono l’occupazione femminile e dei giovani mentre sale quella degli ultracinquantacinquenni, inchiodati al lavoro dalla Legge Fornero. I 3.000 posti di lavoro in più nel 2015 rispetto al 2014 sono infatti la risultante di dati ben diversi a seconda delle fasce d’età, con +4.000 posti per gli ultracinquantacinquenni e -5.000 per i giovani nella fascia 25-34 anni. Per quanto riguarda uomini e donne, abbiamo 5.000 uomini in più e 2.000 donne in meno, ad aggravare il già deficitario dato dell’occupazione femminile.
Il tasso di occupazione cresce di un +0,6 rispetto al 2014, ma non recupera il dato pre-crisi: siamo al 54,5%, contro il 58,8% del 2008. Il tasso di disoccupazione resta al 12,6% (era al 6,6% nel 2008), con 69mila disoccupati, 1.000 in più rispetto al 2014. Scendono, però, di 8.000 gli inattivi: 320mila invece di 328mila (erano 317mila prima della crisi).
Come anche a livello nazionale, crescono le assunzioni a tempo indeterminato, dato positivo. Ma temperato dalla crescita selvaggia dei voucher nei settori del commercio, del turismo e dei servizi: non, dunque, nei settori dove si pensava utile introdurli (giardinaggio, lavoro domestico, sport), anche a causa del Jobs Act che ha alzato il tetto a 7mila € annui. I rischi della diffusione abnorme dei voucher sono la debolezza occupazionale, previdenziale, professionale, e le ricadute negative sulle entrate fiscali. In Abruzzo, siamo passati dai 5mila voucher venduti nel 2008 ai 2 milioni e 400mila venduti nel 2015, poco meno di quelli venduti in Campania e Sicilia.
L’Abruzzo deve compiere scelte nuove ed aggiuntive per provare a forzare questi andamenti lenti. L’incontro del 12 marzo tra sindacati e Regione deve avere un seguito operativo. Intanto, è ora che il Governo convochi l’Abruzzo per la firma del Master Plan e che si passi subito alla fase attuativa, insieme con la partenza effettiva della programmazione 2014-2020. Abbiamo chiesto alla Giunta Regionale di condividere atti concreti, tra cui la riduzione delle tasse su lavoratori e imprese a seguito del risanamento dei conti della sanità; misure per l’attrazione di nuovi investimenti; l’applicazione della legge 181 nelle aree di crisi.
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