Un documentario a L’Aquila su Vivian Maier e la magia della street photography

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L’AQUILA – Chi lo avrebbe detto che impacchettato dentro scatole, in un mercatino d’asta di Chicago, c’era racchiuso un mondo di emozioni. Al giovane John Maloof è bastata una manciata di dollari per comprare un biglietto di sola andata e salire sul treno delle meraviglie. Una magia che ha preso forma attraverso l’occhio curioso di una sconosciuta bambinaia dall’accento francese, Vivian Maier che, accompagnata dalla sua fedele “Rollei”, imprimeva su negativi scorci di vita della società americana del dopoguerra, estrapolandone le diverse sfaccettature in cui essa si manifestava. Una montagna di negativi 6×6 e 35 mm sono bastati per riscrivere la storia della fotografia. Rotoli di rullini, molti dei quali contenevano immagini ancora latenti, che nemmeno l’autrice aveva visto prendere forma e trasformarsi in fotografie. Che aveva talento lo si capisce dal taglio delle immagini, dalla capacità non comune nel saper cogliere l’attimo: quella frazione di secondo che da sola racchiude una storia. Quella sottile linea di confine che separa il talento dalla normalità. Eppure questa stravagante signora a cui piaceva collezionare pile di giornali non era una professionista. A lei non interessava nemmeno mettersi in mostra. Ma la bellezza e le emozioni non possono essere tenute nascoste a lungo. Prima o poi sono costrette a emergere e a meravigliare il mondo. Una storia fatta di immagini di estrema potenza espressiva che non hanno bisogno di didascalie o commenti per carpirne il significato. Immagini che parlano da sole. Anche i volti e i ritratti delle persone, mai banali, esprimono l’animo di chi li indossa. Centinaia, migliaia di scatti che non hanno nulla da invidiare a opere fotografiche ascritte ai grandi fotografi del Novecento. Gente comune, lavoratori, emarginati, soprattutto bambini, ritratti nei luoghi in cui manifestavano genuinamente il loro essere partecipi di questa “strana” comunità che costituisce il mondo. Immagini che appartengono a una società che non ammette sconti: nel bene e nel male. Volti che esprimono fatica, gioia, pianto, divertimento e malessere. Il circolo Querencia, qui a L’Aquila, ha avuto l’intuizione di proporre un documentario su questa grande artista, fino a qualche anno fa ignota, ma già destinata ad entrare nell’ olimpo dei grandi della fotografia. Un peccato per chi, amanti della fotografia e non, pur potendo, non hanno preso parte a questa iniziativa. Solo un pugno di persone, in questo caso, ha saputo carpire l’essenza della fotografia, ha potuto coglierne le sfumature e ammirarne la sua grandezza. Sarà per un’altra volta, dunque, quando L’Aquila, città dell’arte, avrà modo di mostrare la giusta attenzione verso chi dell’arte ne ha fatto una questione di vita, senza pretendere nulla in cambio se non il gusto di proporla a se stessa come ragione della propria esistenza.

(cronaca di Fulgenzio Ciccozzi)

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