TORREVECCHIA TEATINA – Mercoledì 8 agosto alle 20:30 nel Parco “S. Karol” del Palazzo del Marchese Valignani di Torrevecchia Teatina saranno consegnati i premi ai vincitori della XVIII Edizione del Premio “Lettera d’Amore”. Ritireranno il premio Arnaldo Colasanti, primo, e Paolo Morelli, secondo, due dei protagonisti del mondo letterario italiano, il primo, romano, autore di diversi romanzi e opere di critica letteraria, il secondo, romano ma di origini abruzzesi, nel 2013 artefice di un libro bellissimo su un fiume abruzzese, di cui segue il corso dalla sorgente alla foce, “Racconto del fiume Sangro”. Tra i vincitori anche Vanes Ferlini, emiliano e Alessandra Nepa, chietina. Un premio speciale sarà assegnato a Therry Ferrari, bolognese.
Arnaldo Colasanti conclude il suo romanzo “La magnifica” sulla decadenza culturale del nostro Paese scrivendo: “Alla fine di tutto conta solo il segreto più grande: l’anima che torna e che ci rende nascentiu, non più mortali”. Parafrasando quella frase, ci ha dichiarato che l’Abruzzo è una terra ancora tutta da scoprire, che nasconde opere d’arte di un valore e di una bellezza incommensurabili: “Un compito per voi: scoprire l’anima dell’Abruzzo”.
Paolo Morelli invece ci ha riferito: “Posso dire di avere grossomodo due sole fonti ispirative per il mio lavoro: Roma e l’Abruzzo. Non solo perché mio padre è nato qui, ma per un folle innamoramento per la montagna della Maiella che frequento da più di trent’anni ormai, sulla quale ho scritto più volte ma che è dietro a molti miei lavori. E quando ho avuto l’esigenza di scrivere un libro sull’acqua non ho avuto dubbi, anche il piccolo Sangro mi è parso un gran fiume”.
Difendere l’acqua, bene prezioso della nostra Regione e la sua anima, ecco i consigli di questi grandi scrittori per noi, che hanno scritto indimenticabili lettere d’amore che saranno conservate nel Museo della Lettera d’Amore, museo unico al mondo che è a Torrevecchia Teatina.
Ecco una parte della lettera di Colasanti, dedicata “all’insensatezza necessaria della vita”: “La gente, i turisti, i ragazzi in gita, non mi guardano, non guardano nessuno. La piazza è stracolma e tutti bivaccano e vanno chi lento chi di corsa verso la parte sbagliata. Solo tu, chissà perché, sempre più distante dai miei occhi, resti immobile a fissare le forme del Colosso semiaddormentato. Io sento il polso indolenzito, le gambe rotte, la solita borsa pesante di libri con me: mi affanno, come sempre, a passi larghi e lenti verso Piazza Venezia. Eppure, eppure. Cosa sarebbe stata la nostra vita se non ci fosse stata tutta questa luce? Cosa avremmo vissuto, se non avessimo capito che il sapore più amaro della delusione è quello che stringe, come può, nel cavo della mano, gli odori vani della gioia? Massimo eri bello come quando eri giovane, eri e sei bello mentre guardi la tua città. Io ho solo domande, nient’altro, ma davvero è stato onore vivere con te gli anni della vita. Oggi abbiamo ottant’anni e il futuro è un capello di sangue fra noi e il grande viaggio. Le parole appartengono solo ai grandi preparativi. Forse è stato tutto insensato e tutto, al contempo, necessario. Stringi questa lettera di un vecchio che ormai piange per niente. Ma i mondi sono infiniti. Lo sai, lo so, ce ne andremo altrove, insieme, e ricominceremo tutto daccapo. In fondo è stato tutto bellissimo”.
Paolo Morelli scrive una lettera originale, in favore dell’uso del lei: “Caro Lei o cara Lei, ogni volta che Le scrivo mi viene da ridere. So che non dovrei, eppure ogni volta la penna si ferma dopo la i e non va più avanti per le risate. Il fatto è che Lei mi mette allegria, mentre se scrivo Tu mi viene un groppo in gola da tossire per dei minuti. La lettera subisce un ritardo in ambedue i casi, ma per ragioni alquanto diverse. Solo se mi posso permettere il Voi il pensiero scorre senza interruzioni, con rispetto e deferenza, e non potrebbe essere altrimenti visto che nessuno mi impone tale atteggiamento e se lo scelgo è per dimostrare che i miei sentimenti sono sinceri. Ma Lei è una terza persona, e citandoLa ho l’impressione di allargare le mie conoscenze, senza bisogno di arrivare a Ella però, che mi sembrerebbe di parlare a una cantante. La seconda persona invece mi ricorda che i giochi sono fatti, e il rapporto di familiarità che mi propone sa di risaputo e un po’ stantio. Mi sembra che Tu stia lì per importunare, per illudere con una dimestichezza universale tipo siamo tutti fratelli o viva la libertà!”.
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